Ecco il "patto del fare" che Berlusconi presenterà a Confindustria

Una specie di trofeo da esibire e una sorta di patto da chiedere. Con una scaletta per ora centrata su questi due punti Silvio Berlusconi - secondo la ricostruzione del Foglio - vorrebbe presentarsi domani al convegno di Parma della Confindustria. Il trofeo è l’accordo che sarà sottoscritto oggi a Parigi, nel summit con Nicolas Sarkozy, tra Ansaldo e Areva, il maggior gruppo europeo nella produzione di energia. Un tassello chiave nel piano di ritorno al nucleare lanciato dal governo, e caldeggiato con forza proprio dalla Confindustria di Emma Marcegaglia, che a gennaio ha riunito oltre 300 di almeno 600 aziende interessate a essere della partita. Il Cav. potrà presentarlo come l’ennesimo impegno mantenuto, così da rassicurare le apprensioni degli industriali per alcune dichiarazioni antinucleari di diversi neogovernatori
Pdl. Quanto al patto, il premier tornerà sul concetto di "fare sistema" della campagna per le regionali: in questo caso l’accoppiata non sarà ovviamente data dallo stesso colore politico a Roma e in regione, ma da una reciproca apertura di credito tra centrodestra e mondo imprenditoriale, in vista, nei pensieri di Berlusconi, del 2013, ma anche oltre quella scadenza. Perché, assicura chi lavora a contatto con il capo del governo, a questo punto il Cav. si starebbe convincendo di puntare alla riconferma, con o senza riforma presidenziale.
Più che ai vertici (verso i quali non mancheranno i consueti elogi, magari estesi a Corrado Passera e alla Fiat) Berlusconi parlerà come al solito alla platea imprenditoriale. Stavolta con qualche motivo in più, dicono nei dintorni di Palazzo Chigi. Il mandato della Marcegaglia scadrà infatti nel 2012, ben prima delle politiche. A contendersi la successione potrebbe essere un fedele di Luca di Montezemolo come Andrea Moltrasio, un industriale più gradito alla maggioranza di governo, come Giorgio Squinzi, oppure un outsider che raccolga umori e voti dell’universo di piccole e medie imprese che ha contribuito non poco al successo della Lega. Se terrà fede agli appunti che si sta preparando - non è escluso che parli a braccio Berlusconi dovrebbe ricordare almeno altri tre capitoli.
Il primo è la tenuta dell’Italia nella crisi economica, con la "salvaguardia della coesione sociale" e il minor numero di ore di sciopero effettuate nel 2009. Il secondo è l’enorme opera dì semplificazione dai lacci burocratici e dalle leggi inutili", accompagnata dalla promessa di ridurre la pressione fiscale sotto al 40 per cento: il che potrà apparire un palliativo rispetto alla richiesta di minori tasse del mondo imprenditoriale, ma è qualcosa soprattutto per le aziende più piccole. Il terzo è la riproposizione delle
"riforme dei tre anni" destinate a dare stabilità al Paese (nel linguaggio berlusconiano, tradotto in raffronti di efficienza rispetto ai "benchmark" dei competitori europei). Alla fine è previsto un richiamo ad abbandonare i sogni di terzi poli e di qualsiasi neocentrismo. Il Cav, sarebbe tentato di fare un affondo contro i molti laboratori politici e le fondazioni che affollano la "terra di mezzo", cosa che però sarebbe interpretata come un sgarbo a Gianfranco Fini e Montezemolo. Più possibile l’invito ai moderati - da una tribuna non politica, quindi meno impegnativa - a "riunirsi a noi". Ma Berlusconi potrebbe anche decidere di abbandonare la traccia che ha in mente e rivolgersi direttamente al ventre degli industriali, come a Vicenza nel 2006. Non c’è un presupposto immediato - le elezioni sono lontane - ma potrebbe più agevolmente chiedere alla platea quel "fare sistema", con lui, e testare il proprio consenso nel mondo produttivo dopo il boom leghista. Dovrà in ogni caso "scaldare i cuori", perché l’intervento di Giulio Tremonti in programma oggi non appare destinato a suscitare ovazioni: rumors smentiti dal Tesoro parlano di una manovra correttiva a giugno di 4-5 miliardi. Tremonti ha comunque confermato che nel 2001 farà una correzione dei conti dello 0,5 per cento del pil.
A Parma il ministro si troverà di fronte il rapporto commissionato dalla Confindustria all’istituto Bruno Leoni sulla libertà d’impresa che colloca l’Italia all’ultimo posto in Europa dietro Portogallo e Grecia, per la pressione fiscale. Tremontí pare abbia osservato che forse è preferibile essere imprenditori italiani piuttosto che greci, portoghesi o anche irlandesi e spagnoli. Concetto che potrebbe riprendere a Parma, corredandolo forse di un paio di osservazioni. Se Atene rischia l’uscita dall’euro, la Germania avrà ottenuto la svalutazione della moneta unica a beneficio del proprio sistema industriale. Ma soprattutto Tremonti vorrebbe ricordare che fino a qualche tempo fa al posto della Grecia ci saremmo stati noi, con tanti saluti alla libertà d’impresa.
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