La dura traversata di Grillo

L’ultima volta che è sbarcato in Sicilia, Beppe Grillo si è fatto notare per la sua “assoluzione” di Cosa nostra, che «si limita a prendere il pizzo», mentre la crisi e i provvedimenti assunti dalla politica per combatterla strangolano i cittadini. Risultato: il 4,9 per cento del suo candidato alle comunali di Palermo, più o meno quanto Sel o Fli. Deludente è dir poco. Adesso ci riprova, con un obiettivo più grosso: il governo regionale.
Dopo la trovata mediatica di oggi (la traversata a nuoto dello Stretto di Messina), rimarrà a girare in lungo e in largo l’isola per due settimane, con 35 comizi programmati. Il perché di tanto impegno è presto detto. Nonostante la dissoluzione del centrodestra, nonostante la divisione a sinistra, nonostante la sparizione dalla scena di Claudio Fava (causa i noti problemi con la residenza), i sondaggi continuano a inchiodare il grillino Giancarlo Cancelleri intorno al 7-8 per cento. Lontanissimo dallo scontro a due per la vittoria (Nello Musumeci e Rosario Crocetta sono dati testa a testa, con un divario a favore del candidato del Pdl tra lo 0,5 e il 2 per cento) e pericolosamente vicino alla soglia del 5 per cento, necessaria per accedere all’assemblea regionale. L’impresa di Grillo appare quindi ardua. Non tanto quella di attraversare lo Stretto (anche se i bookmakers puntano tutto sul fallimento, quotato a 1,13 contro il 4,50 per la riuscita), quanto quella di recuperare voti. «Il modello del centrodestra in Sicilia non è screditato quanto quello del resto d’Italia», spiega a Europa Gianluca Borrelli di Termometro politico, che sta conducendo le rilevazioni statistiche nell’isola. «Musumeci, soprattutto, è stato totalmente estraneo al governo Lombardo e con lui, tranne che per una prima fase, anche il Pdl. Semmai è il Pd che può essere penalizzato dagli elettori per il suo sostegno al governatore uscente ». Lo sa bene Matteo Renzi che, non a caso, si terrà lontano con il suo camper dalla Sicilia fino a dopo le elezioni, per evitare di mettere la faccia su una sfida molto rischiosa.
Grillo non può permettersi lo stesso lusso. Così come le ultime amministrative hanno gonfiato le sue vele, il complicato laboratorio siciliano può immediatamente costringerlo a navigare di bolina verso le politiche di primavera. Al Sud i 5 stelle non sono mai riusciti a sfondare. Nell’isola, poi, si sono dissolti nelle urne perfino quei Forconi, che appena pochi mesi fa avevano catalizzato i consensi di molti cittadini, nonostante gli ingenti danni economici che la loro protesta aveva provocato. L’antipolitica da queste parti non tira: meglio affidarsi a chi si mostra in grado di gestire il potere, anche in modo “disinvolto”, purché gli sprechi siano poco evidenti e finalizzati alla redistribuzione del denaro pubblico. E allora ecco il proliferare di forestali, impiegati pubblici, consulenti, corsi di formazione senza reali sbocchi professionali e così via.
Una routine destinata a finire: il nuovo governo dell’isola nascerà già con sulla testa i vincoli imposti da Roma, per risanare le casse regionali. La polemica anti-Monti può quindi essere per Grillo una carta in più da giocare nell’isola. Soprattutto adesso che Berlusconi è andato ad allungare la lista dei favorevoli a una prosecuzione dell’esperienza del professore a palazzo Chigi. Perennemente in bilico tra populismo e appelli ai moderati, le oscillazioni del Cavaliere da una parte o dall’altra hanno molto a che vedere con il bacino d’influenza grillino. In Sicilia, però, il Pdl è già oltre questa fase: la dissoluzione è così avanzata che per Grillo orientarsi sarà complicato.
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