Duello finale Obama-Romney

Dalla Rassegna stampa

Come è possibile parlare di politica interna quando ci si confronta in un dibattito di politica estera, come è successo ieri sera nell'ultimo confronto diretto fra Barack Obama e Mitt Romney a Boca Raton? Semplice: basta parlare di economia. Se da una parte le scelte politiche, la gestione della primavera araba, la mancata reazione all'attacco al consolato americano a Bengasi, la questione dei diritti civili e religiosi in Cina hanno avuto un ruolo importante nel dibattito, la preparazione delle ultime settimane sia da parte di Obama che di Romney ha avuto una connotazione economica.
Il successo più importante lo ha incassato giovedì scorso Barack Obama con una sentenza della Wto contro barriere imposte dalla Cina per l'importazione di cavi elettrici d'acciaio ad alta efficienza. L'ordine è semplice: Pechino dovrà rimuovere le tariffe che penalizzavano in particolare due aziende americane. Perché proprio quelle due? Perché la prima, la AK Steel Corp ha sede in Ohio, la seconda la Allegheny Ludlum ha sede in Pennsylvania. Entrambi sono stati chiave in queste elezioni, ma soprattutto l'Ohio è ormai il premio più conteso, quello dove Mitt Romney sta recuperando lo svantaggio e quasi certamente, con la Florida, lo stato determinante per queste elezioni. La campagna di Obama ha già diramato spot pubblicitari soprattutto in Ohio per controbattare alle accuse di Romney: «Questo presidente – ha detto il candidato repubblicano – è stato troppo morbido contro la Cina, Pechino ci ruba posti di lavoro grazie a una valuta troppo debole. Il mio primo atto da presidente sarà quello di denunciare la Cina come manipolatore valutario».
Questa affermazione dà un'idea di quanto la Cina sia centrale nelle relazioni economiche – e politiche – americane. Romney ricorda che la Cina ha in portafoglio debito americano per 1.154 miliardi di dollari, orami superiore a quello detenuto dal Giappone (1.121 miliardi di dollari), una relazione dunque complessivamente squilibrata su ogni fronte. Ma Obama ha già risposto: senza gli investimenti cinesi nel debito americano i tassi di interesse sarebbero alle stelle e la valuta si è apprezzata dell'11% nei quattro anni della sua presidenza. Troppo poco. Su questo non c'è dubbio. Le stime danno una sottovalutazione del 30% dello yuan. E il disavanzo commerciale americano lo dice chiaramente: dei 59,3 miliardi di dollari di deficit nel mese di agosto, ben 28,7 miliardi (poco meno della metà del totale) vanno alla Cina.
Obama può rivendicare un'altra denuncia alla Wto, l'ha fatta alla fine di settembre questa volta per aiutare il settore automobilistico, molto più importante del piccolo comparto cavi di acciaio per la conduzione elettrica: secondo la denuncia, la Cina ha dato sussidi al settore per un miliardo di dollari fra il 2009 e il 2011. Il giro d'affari per il settore che riguarda l'America è di oltre 12 miliardi di dollari. E stiamo parlando di un'industria manifatturiera classica, di un settore cruciale per il Midwest, per il Michigan ma anche per l'indotto, distribuito in Wisconsin, in Ohio, in Iowa, in Illinois. Il Wisconsin e l'Iowa sono di nuovo due stati chiave per le elezioni, nei quali Obama si trova ancora in vantaggio.

 

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