I dubbi del Colle sul doppio incarico. Il Cavaliere: terrò il ministero per poco

Dalla Rassegna stampa

Interim breve, poi un tecnico di lusso al posto di Scajola. Questa è l’intenzione di Silvio Berlusconi che ieri pomeriggio, accompagnato da Gianni Letta, si è intrattenuto per poco più di mezz’ora con il capo dello Stato. «Le assicuro presidente che nessuno potrà sollevare il problema del conflitto di interessi - ha esordito il premier - visto che intendo tenere l’interim solo per qualche giorno, una breve pausa di riflessione per trovare la persona giusta». E proprio il conflitto di interessi è uno dei temi che arrovella il Quirinale, visto che il ministero dello Sviluppo economico incorpora il vecchio dicastero delle Comunicazioni, quello su cui siede il viceministro Paolo Romani.
Un ministero che regola il sistema televisivo. Così, con discrezione, già dopo le dimissioni di Scajola dal presidente della Repubblica era arrivata una sollecitazione a Letta a fare presto, sconsigliando vivamente l’ipotesi dell’interim a Berlusconi. Un caso eclatante di coincidenza fra l’imprenditore televisivo e il regolatore del settore. Berlusconi non ha offerto alternative.
«Si tratta di una soluzione temporanea - ha spiegato il Cavaliere a Napolitano - perché devo venire ancora a capo della situazione. Ci sono aspettative, candidature ed equilibri politici da rispettare». Il presidente della Repubblica si è limitato ad ascoltare, avendo già fatto intendere chiaramente quanto considerasse poco opportuna la strada dell’interim. Al termine del colloquio ha soltanto ricordato al premier che «quello dello Sviluppo economico, vista la congiuntura e le centinaia di aziende in crisi, è un ministero molto delicato». Un modo per sollecitare una soluzione all’altezza della gravità del momento.
Nemmeno un cenno, da parte del premier, alle ragioni che hanno costretto Scajola alla resa. Berlusconi, semplicemente, avrebbe glissato, riferendo in maniera burocratica che «Scajola ha presentato le sue dimissioni e io ho ritenuto di doverle accettare».
Alle prese con una maggioranza sotto schiaffo per le dimissioni di Scajola e impaurita per le nuove tegole giudiziarie che sarebbero in arrivo, Berlusconi sta mettendo in fila le varie ipotesi. Scalpita Stefania Prestigiacomo, che vorrebbe trasferirsi dall’Ambiente allo Sviluppo. Mentre la Lega vedrebbe con favore Galan, così da riprendersi l’Agricoltura (con Gianpaolo Dozzo). Ieri Umberto Bossi ne ha parlato con Berlusconi, smentendo un interesse per lo Sviluppo Economico: «Silvio, quello è il ministero del Nucleare e i nostri governatori sono contrari».
Quanto a Berlusconi, la prima scelta sarebbe quella di un esterno, magari quella Luisa Todini che il premier avrebbe desiderato candidare nel Lazio al posto di Renata Polverini. L’alternativa è pescare nel vivaio di Forza Italia e i nomi sono quelli di Guido Crosetto o Maurizio Lupi. Ma in fondo il problema del successore di Scajola non è di quelli che tolgono il sonno al Cavaliere. A pesare davvero in queste ore è il clima di auto-disfacimento della maggioranza, alimentato dal timore di «una continua aggressione giudiziaria». Il pessimismo attraversa il governo.
Due sere fa Ignazio La Russa ha riunito a cena gli ex An a lui fedeli ed apparso scosso: «Ragazzi, il quadro è serio. Se si va avanti così alla prima finestra utile si va al voto. In autunno no, Napolitano è contrario perché c’è la crisi. Tenetevi pronti per la prossima primavera».
Uno degli elementi di maggiore fibrillazione resta lo scontro con Gianfranco Fini. Berlusconi è certo che il presidente della Camera stia segretamente lucrando sulle inchieste che colpiscono gli uomini a lui più vicini come Scajola e Verdini. «Fini parla continuamente di "legalità", agita il disegno di legge anti-corruzione. E’ chiaro che sta mandando segnali ai magistrati», ragiona un fedelissimo berlusconiano.
Per questo il Cavaliere ormai sarebbe a un passo dalla rottura.
«Se va avanti così - ha confidato ad alcuni exAn del direttivo della Camera - serve una soluzione drastica. Io vorrei fare pace, ma come si fa? C’è un’operazione in corso al Senato, vediamo come finisce». L’operazione a cui faceva riferimento Berlusconi era quella portata avanti in segreto dagli ex An Augello e Moffa, che hanno provato a creare una corrente cuscinetto- "Spazio Aperto" -in opposizione alla linea intransigente di Generazione ltalia. Ma il progetto sembra essere fallito per mancanza di numeri.
L’ipotesi di una clamorosa rottura torna quindi in primo piano, se è vero che da Fini, dopo l’intervista di ieri a Sky, il messaggio che arriva al premier è quasi un ultimatum: «Questo è solo l’inizio». Ieri alla Camera uno dei boss di Forza Italia girava già con un foglietto in tasca: «La maggioranza conta su 345 deputati contro 285 dell’opposizione. La differenza dunque è di 60. Se anche 20 finiani se ne andassero, saremmo comunque 325 contro 305. Basta e avanza».

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