I dubbi, le conseguenze

Dalla Rassegna stampa

Abbiamo capito perché la commissione Grandi rischi si chiama così. I Grandi rischi sono quelli che corrono i suoi componenti, come si deduce dalla sentenza che li ha condannati a sei anni di prigione per non aver previsto il devastante terremoto dell’Abruzzo. Qui non è in discussione il merito della decisione dei giudici, a proposito della quale va comunque ricordato che non esiste alcun precedente a livello mondiale. Ma le conseguenze di una tanto singolare interpretazione del concetto di giustizia non possono essere taciute. La più immediata è la delegittimazione della stessa commissione Grandi rischi, che stando a quella sentenza sarebbe formata da incompetenti assoluti. La più evidente è invece lo sconcerto planetario suscitato dalla notizia che in Italia esperti considerati responsabili della mancata previsione di un terremoto, a differenza dei loro colleghi giapponesi o americani che a casa loro non hanno evidentemente saputo fare di meglio, vengono spediti in galera per omicidio. La più preoccupante, tuttavia, è che d’ora in poi non ci sarà uno scienziato disposto a far parte di quella commissione, sapendo di poter andare incontro a pesantissime condanne penali per non aver indovinato il verificarsi di una scossa catastrofica. Sanzioni che invece non hanno mai neppure sfiorato i veri responsabili dei disastri. Per esempio, certi amministratori che non si sono accorti di palazzine spuntate come funghi nei letti dei fiumi. Per esempio, i politici nazionali che pensando soltanto al consenso hanno approvato tre condoni edilizi, e quelli locali che ne hanno promessi decine, alimentando così la piaga dell’abusivismo: ben sapendo come in un Paese fragilissimo si sarebbero condonate milioni di costruzioni prive di qualunque precauzione asismica. Per esempio, gli autori di piani regolatori sconsiderati che hanno consentito all’Italia di conseguire il deprecabile record nel consumo del suolo, in molti casi senza nemmeno verifiche geologiche accurate né prescrizioni di elementari prudenze costruttive. Non ci dice forse questo l’ultimo terribile, e già dimenticato, terremoto dell’Emilia-Romagna e della Lombardia con la strage dei capannoni industriali? Per riparare ai danni di tutti gli eventi sismici che si sono susseguiti dal 1968 al 2003, non considerando quindi le tragedie dell’ultimo decennio, abbiamo speso l’equivalente di 162 miliardi di euro. Senza calcolare ovviamente le vite umane: quelle non hanno prezzo. Avendo più cura per l’ambiente e il modo di costruire, forse, non si sarebbe potuto evitare tutto questo. Ma buona parte sì. Secondo i tecnici sarebbero stati sufficienti fra i 25 e i 41 miliardi per mettere in sicurezza sismica il patrimonio edilizio. Risparmiando tanto dolore. E di una cosa almeno siamo sicuri. Se non è stato fatto, non è per colpa di scienziati incapaci di prevedere i terremoti.] Abbiamo capito perché la commissione Grandi rischi si chiama così. I Grandi rischi sono quelli che corrono i suoi componenti, come si deduce dalla sentenza che li ha condannati a sei anni di prigione per non aver previsto il devastante terremoto dell'Abruzzo. Qui non è in discussione il merito della decisione dei giudici, a proposito della quale va comunque ricordato che non esiste alcun precedente a livello mondiale. Ma le conseguenze di una tanto singolare interpretazione del concetto di giustizia non possono essere taciute.
La più immediata è la delegittimazione della stessa commissione Grandi rischi, che stando a quella sentenza sarebbe formata da incompetenti assoluti. La più evidente è invece lo sconcerto planetario suscitato dalla notizia che in Italia esperti considerati responsabili della mancata previsione di un terremoto, a differenza dei loro colleghi giapponesi o americani che a casa loro non hanno evidentemente saputo fare di meglio, vengono spediti in galera per omicidio. La più preoccupante, tuttavia, è che d'ora in poi non ci sarà uno scienziato disposto a far parte di quella commissione, sapendo di poter andare incontro a pesantissime condanne penali per non aver indovinato il verificarsi di una scossa catastrofica.
Sanzioni che invece non hanno mai neppure sfiorato i veri responsabili dei disastri. Per esempio, certi amministratori che non si sono accorti di palazzine spuntate come funghi nei letti dei fiumi. Per esempio, i politici nazionali che pensando soltanto al consenso hanno approvato tre condoni edilizi, e quelli locali che ne hanno promessi decine, alimentando così la piaga dell'abusivismo: ben sapendo come in un Paese fragilissimo si sarebbero condonate milioni di costruzioni prive di qualunque precauzione asismica. Per esempio, gli autori di piani regolatori sconsiderati che hanno consentito all'Italia di conseguire il deprecabile record nel consumo del suolo, in molti casi senza nemmeno verifiche geologiche accurate né prescrizioni di elementari prudenze costruttive. Non ci dice forse questo l'ultimo terribile, e già dimenticato, terremoto dell'Emilia-Romagna e della Lombardia con la strage dei capannoni industriali?
Per riparare ai danni di tutti gli eventi sismici che si sono susseguiti dal 1968 al 2003, non considerando quindi le tragedie dell'ultimo decennio, abbiamo speso l'equivalente di 162 miliardi di euro. Senza calcolare ovviamente le vite umane: quelle non hanno prezzo. Avendo più cura per l'ambiente e il modo di costruire, forse, non si sarebbe potuto evitare tutto questo. Ma buona parte sì. Secondo i tecnici sarebbero stati sufficienti fra i 25 e i 41 miliardi per mettere in sicurezza sismica il patrimonio edilizio. Risparmiando tanto dolore.
E di una cosa almeno siamo sicuri. Se non è stato fatto, non è per colpa di scienziati incapaci di prevedere i terremoti.

 

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