Per il dopo-Scajola ora il premier pensa a Fitto

Se il 29 settembre alla Camera non raggiunge l'«autosufficienza», cioè una maggioranza pure senza i finiani, Berlusconi può considerarsi alla frutta. Lui lo sa talmente bene, che ogni sua mossa è mirata a quel traguardo vitale. Il premier è disposto a tutto, pure a mettersi nelle mani di quanti, politicamente parlando, sono peggio degli usurai: ex-democristiani famelici in cerca della grande rivincita sulla Storia. Basti dire che il personaggio chiave, l'uomo su cui il Cavaliere appunta le speranze di reclutare adepti nelle file dell'opposizione, non è il repubblicano Nucara ma risponde al nome di Enzo Scotti, già potente nel paleozoico della Prima Repubblica, sopravvissuto alle glaciazioni e adesso di nuovo in auge quale leader di Noi Sud, 4 deputati eletti col Pdl, grande adescatore di «cani sciolti» per conto del premier.
Nel giro stretto berlusconiano risulta che l'« accalappiacani» Scotti stia facendo buona caccia contattando a uno a uno gli scontenti dell'altra sponda: individuati alcuni in base al «report» preparato per il Cavaliere da Denis Verdini, altri scoperti grazie a quella scienza rabdomantica che è tipica del professionismo politico. Se le prede del vecchio Scotti si sommano ai centristi di Mannino e Cuffaro in uscita dal1'Udc (5-6 deputati), il gioco è fatto, quota 316 a Montecitorio sembra alla portata del premier. Anzi, la novità delle ultime ore è che addirittura Berlusconi sogna ormai di raggiungere un'«autosufficienza» non solo nei confronti di Fini, ma pure degli autonomisti siciliani di Lombardo che in Regione si sono appena alleati col Pd.
Un «ribaltone» isolano del quale Berlusconi approfitta per rubare a Casini i deputati scontenti, e allestire a sua volta un «controribaltone» romano... Spettacolo orrendo da qualunque parte lo si voglia guardare. Perché non ha tutti i torti Osvaldo Napoli quando segnala che «il vero suk è quello messo in piedi da Lombardo in Sicilia», ogni trasformismo ne genera altri, e Berlusconi nemmeno ha fatto lo sforzo di comporre il numero telefonico: i deputati Udc dissidenti si sono presentati da lui, come dice Casini, «con il cappello in mano», a offrirsi e a chiedere in cambio. Posti si capisce.
Un ministero è libero, lo Sviluppo Economico. Il Cavaliere se l'era tenuto apposta per il «suk». Ma lui stesso si rende conto che nessuno dei fuoriusciti Udc avrebbe la statura per un incarico del genere. Ecco perché, man mano che la trattativa avanza, cresce l'ipotesi caldeggiata da Sua Eminenza Gianni Letta: promuovere allo Sviluppo il pugliese Fitto, e dare il suo ministero senza portafogli (Affari regionali) in pasto ai democristiani. Silvio ci sta pensando. Fitto incarnerebbe la svolta pro-Sud di un governo finora a trazione «nordista». E con la sua nomina il Cavaliere schiverebbe le obiezioni del Colle sull'altro candidato allo Sviluppo. Romani. L'unico «neo» di Fitto è il suo rapporto tipo montagne russe con Tremonti: oggi i due sono in buona, ma vai a sapere come la prenderebbe Giulio. Le incognite abbondano. Eppure «il mosaico si va componendo», giura un dignitario berlusconiano molto addentro alle grandi manovre. Per dissipare i miasmi da «mercato delle vacche» (definizione degli avversari), Berlusconi già prepara con Bonaiuti un discorso alto e nobile da rivolgere al Parlamento, un appello rivolto alle opposizioni per remare tutti insieme nell'interesse del Paese. Chi vorrà aderire, non si farà pregare di certo. E della «terza gamba» finana, che ne sarà a quel punto? Quagliariello, mente fine del berlusconismo, taglia corto: «Le uniche gambe della maggioranza saranno il programma e il premier, supremo garante del patto con gli elettori».
© 2010 La Stampa. Tutti i diritti riservati
SEGUICI
SU
FACEBOOK
SU