Donne al top nella scuola e nello sport, ma il "sorpasso rosa" è ancora lontano

Dalla Rassegna stampa

«Quando ci sarà una donna idiota al comando, allora potremmo dire: la parità è stata raggiunta». La battuta è di Luciana Littizzetto. Ridiamoci pure, ma poi arrabbiamoci un po'. Perché fino a quel giorno continueremo a vedere un gran numero di secchione in seconda e terza fila e i colleghi maschi con curriculum lunghi la metà sulle poltrone che contano. L'Italia continua a essere un'altra storia, lontana un secolo dagli Stati Uniti dove quest'anno è avvenuto il sorpasso rosa - il numero delle lavoratrici ha superato quello dei lavoratori - e ai margini dell'Unione europea: per la prima volta nella Ue il tasso di disoccupate è inferiore a quello dei disoccupati. 9,8% contro il 7,7%. qui è ancora il contrario. Italiane fuori gara, dunque? Tutt'altro, dopo anni e anni di fatica qualche primato è stato raggiunto, ci sono settori dove il sorpasso e avvenuto, la crisi se da una parte ha rallentato la corsa dall`altra ha finora punitole lavoratrici meno dei colleghi uomini, come andrà a finire è tutto da vedere.
Più studiose, e questo si sapeva: le laureate sono circa il 23%, i laureati poco più del 15. Alle Poste le direttrici hanno raggiunto il 59%. A capo di 7.018 uffici su 14mila, più al nord e al centro che al sud. E anche nella scuola comandano loro, dopo aver occupato quasi tutte le cattedre (le maestre sono il 95%, le professoresse circa l'80%) adesso hanno conquistato le poltrone più ambite.
«I dirigenti scolastici sono in maggioranza donne, poco più del 50%», Giorgio Rembado, il presidente dell'associazione presidi, dice che solo da qualche anno le colleghe hanno raggiunto questo traguardo. «La scuola è in controtendenza con il resto della società», premia il potere delle donne. Battuti gli uomini anche nella medicina: le dottoresse specializzate sono più numerose dei colleghi con lo stesso titolo, secondo gli ultimi dati del ministero dell'Istruzione e
della ricerca: 35.986 contro 31.994. In magistratura manca un soffio, già a Milano indossano
la toga più donne che uomini (circa il 53%) e nel concorso del 2004 le vincitrici sono state il 60%. Lo sport è già avanti, per la prima volta quest'anno il podio ha cambiato colore: dopo il pareggio alle Olimpiadi di Pechino (4 a 4 gli ori) il sorpasso ai Giochi del Mediterraneo che si sono svolti lo scorso giugno, 34 ori al femminile contro 130 dei maschi.
E le proiezioni per i Giochi di Londra del 2012 dicono che la "vittoria" sarà più schiacciante, 20 medaglie a 13. E poi la Rete, sempre più rosa: si connette, secondo un rapporto dell'Ofcom, circa il 56% delle italiane contro il 44% degli italiani.
Nell'anno più difficile le donne si sono fatte meno male. Sarà che guadagnano meno dei colleghi e comandano ancora poco, fatto sta che hanno finora retto meglio l'impatto della crisi: hanno perso il posto negli ultimi dodici mesi, secondo i dati Istat, lo 0.5% delle lavoratrici contro l`1,9 dei lavoratori. Buona tenuta anche per le imprese femminili, non sono sopravvissute l'1.2% mentre le aziende guidate dagli uomini che hanno chiuso i battenti sono state l'1.6%. «E' ancora presto per valutare l'impatto della crisi: i settori maschili sono stati colpiti prima e non si sa ancora quando e coree saranno intaccato i comparti femminili», spiega Isabella Rauti, capo del dipartimento per le Pari opportunità.
Eppure. la corsa delle donne si è fermata. «Il trend positivo dell'occupazione femminile è stato interrotto». Ed è una pessima notizia per l'Italia dove la percentuale di donne che lavorano è ancora bassa (46%), al sud bassissima (siamo al posto numero ventisei in Europa), irraggiungibile l'obiettivo di Lisbona che prevedeva entro il 2010 un tasso di occupazione femminile al 60%. Ma le licenziate sono state di meno. «Probabilmente perché il lavoro femminile costa di meno, ma se fosse davvero così sarebbe inaccettabile, si affermerebbe una logica di sfruttamento». Crisi che fa male, è vero, ma può rappresentare un'occasione. «Allargare il mercato del lavoro femminile - aggiunge Isabella Rauti può aiutare il paese a uscire dalla crisi: si creerebbe nuova occupazione nel settore dei servizi e si renderebbe l'economia italiana più concorrenziale».
Il sorpasso? E' «lontano anni luce», dice il deputato del Pd Barbara Pollastrini. E un'intera parte del nostro paese è lontana dall`Italia oltreché dagli Stati Uniti. «al sud, con appena il 30% di lavoratrici». La ragione di questa abissale distanza è «culturale e politica: siamo un paese malato di familismo, opacità e conservatorismo. Se è vero che la crisi ha penalizzato parzialmente meno le donne, ha però aperto la strada al lavoro nero, ha fatto crescere il precariato e le diseguaglianze. Occorrono misure d'urto, serve un piano straordinario per il lavoro femminile».
Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, un piano ce l'ha e prevede, tra l'altro. «maggiore flessibilità negli orari di lavoro e lo sviluppo dei servizi di cura».

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