Dimenticano di scarcerarlo, si uccide

Dalla Rassegna stampa

 

Ancora tre giorni e sarebbe uscito. Lui, però, non lo sapeva. A quanto pare nessuno l`aveva informato. Così, in preda alla disperazione, ha aperto la bomboletta del gas, ha infilato la testa in un sacchetto di plastica e ha iniziato a morire nella solitudine della sua cella. Vana la corsa in ospedale: Giovanni Lorusso, 41 enne di Bari, è deceduto subito dopo il ricovero al Papa Giovanni XXII di Gioia Tauro. E` accaduto martedì scorso nel carcere di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, ma la notizia è trapelata solo ieri. L`uomo era stato condannato a Rimini, nell`agosto del 2008, per il furto di uno zaino in spiaggia. Quattro anni e cinque mesi da scontare, una pena severa a causa di una serie di aggravanti, tra cui la recidiva specifica, la dichiarazione di delinquente abituale e il fatto che si trovasse in Romagna in violazione delle misure di sorveglianza alle quali era sottoposto. II suo avvocato, dopo aver chiesto invano gli arresti domiciliari, si era rivolto alla corte di appello di Bologna ed aveva ottenuto la scarcerazione. Arrivato regolarmente a Palmi il 16 novembre, il provvedimento di scarcerazione, con effetto dal giorno 20, è rimasto negli uffici del penitenziario. Giaceva su una scrivania o in un cassetto, forse a causa di rigidità burocratiche o per una semplice ma fatale dimenticanza, mentre poco distante si consumava l`ennesimo dramma del carcere. Per Giovanni la scarcerazione sarebbe stata la fine di un incubo: due settimane fa era stato trasferito dal carcere di Ariano Irpino a Palmi, dopo aver lamentato nei colloqui con i propri familiari di essere stato maltrattato. «Tiratemi fuori, non ce la faccio più a stare dentro», era stato il suo ultimo, disperato appello. Chi lo ha incontrato ha riferito che l`uomo aveva dei lividi e una mano fratturata: i parenti avevano manifestato al difensore l`intenzione di rivolgersi alle autorità per chiedere spiegazioni sull`accaduto. «I familiari del detenuto, convinti che se fosse stato avvisato tempestivamente - spiega l`avvocato riminese Martina Montanari - la tragedia  non sarebbe accaduta, ora sono assaliti anche da altri dubbi: vogliono approfondire le circostanze della morte». Il legale riferisce anche che l`uomo non aveva mai manifestato intenzioni suicide, era abituato alla carcerazione, e dunque aveva raggiunto un grave grado di depressione; inoltre era tossicodipendente, ma voleva riabilitarsi. «Non vogliamo accusare nessuno per ora, aspettiamo l`esito degli esami, ma vogliamo sapere cosa è successo nelle carceri di Ariano Irpino e Palmi. E non possiamo escludere nulla, nemmeno un delitto. Contiamo sulle indagini della Procura di Palmi», ha concluso l`avvocato. La notizia del suicidio di Palmi giunge poche ore dopo quella del giovane marocchino, appena diciassettenne, che si è impiccato nel carcere minorile di Firenze, dove era recluso da mesi in attesa di giudizio per tentato furto. Il contatore dei suicidi tra i detenuti corre veloce, inesorabile e si aggiorna con cadenza ormai quotidiana. Ieri ha segnato quota 66, ma è facile immaginare che anche questo numero sia destinato ad aumentare. Eppure c`è ancora chi crede che le pessime condizioni delle galere italiane non siano causa diretta del vertiginoso numero di detenuti che si tolgono la vita. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, ad esempio, ieri ha contestato «l`equazione tra condizione di vita non buone e suicidi». Ha dichiarato che i suicidi ci possono essere, e ci sono, in qualunque condizione carceraria, anche se i detenuti fossero in hotel a cinque stelle. E` arduo, tuttavia, escludere che il tasso di suicidi in carcere, molto più alto rispetto a quello dei suicidi in genere, non sia legato alle condizioni in cui i detenuti sono costretti a scontare la pena. A questo proposito i deputati radicali nel Pd hanno presentato una mozione parlamentare sulla riforma urgente del sistema carcerario italiano. Il documento che sarà sottoposto ai parlamentari di tutti gli schieramenti e che ha già raccolto le firme di Benedetto Della Vedova, Guido Melis, Mario Pepe, Roberto Giachetti, Giulio Calvisi, Lino Duilio, Jean Leonard Touadi - impegna il governo ad attuare una riforma che preveda, tra l`altro, la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi; l`istituzione a livello nazionale del "Garante dei diritti dei detenuti"; il rafforzamento degli strumenti alternativi al  carcere previsti dalla legge "Gozzini"; l`applicazione della detenzione domiciliare come strumento centrale per condanne di minore gravità; l`istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari; la radicale modifica dell`art. 41-bis; l`adeguamento del personale penitenziario, sanitario e di quello addetto a tutti i generi di assistenza; l`esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini; l`istituzione di una anagrafe digitale pubblica delle carceri in modo da rendere trasparente la gestione degli istituti di pena; la modifica del Testo Unico sulle sostanze  stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l`attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso personale venga depenalizzata ed assuma una rilevanza amministrativa come previsto dal referendum del 1993. A sostegno di questi obiettivi, due giorni fa Rita Bernardini ha avviato uno sciopero della fame insieme a Francesco Morelli di Ristretti Orizzonti, Irene Testa, presidente dell`associazione radicale Il detenuto Ignoto, Claudia Sterzi, Segretaria dell`Associazione Radicale Antiproibizionisti e altri militanti radicali.

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