I dilemmi della direzione dem

La vigilia si era presentata incandescente, ma la direzione regionale dem, la prima post-dimissioni di Polverini, potrebbe anche riservare la sorpresa di un dibattito molto vivace ma senza strappi. Nel corso dei giorni si è andata diffondendo nelle varie componenti del partito la convinzione, condivisa dal segretario Enrico Gasbarra, che quanto accaduto alla regione Lazio, con il carico di notizie poco edificanti circa l’entità dei finanziamenti di cui gruppi e singoli usufruivano per svolgere la loro attività politica, non possa restare senza risposta.
La pancia del partito lo chiede e diversi circoli romani hanno aderito all’appello lanciato la scorsa settimana da quello di Trastevere per un rinnovamento totale dei candidati. Al contempo, però, sono in tanti a pensare che il «tutti a casa» automatico sia un modo un po’ rozzo di sfamare lo sdegno degli elettori, con il risultato di mettere i consiglieri dem, anche coloro che hanno ben operato, sullo stesso piano dei Fiorito e dei De Romanis.
«Da noi non ci sono Batman» aveva risposto subito Pier Luigi Bersani ad Angelino Alfano che il giorno del disperato maquillage moralizzatore nel suo partito proponeva al Pd un patto di azzeramento. Giovanni Bachelet, al quale nei giorni scorsi alcuni organi di stampa avevano attribuito l’intenzione di presentare una mozione o un ordine del giorno per dare voce al «tutti a casa», spiega a Europa il senso dell’iniziativa partita dal circolo di Trastevere: «Innanzitutto dobbiamo ricordarci che è merito del Pd del Lazio se la Polverini si è dimessa.
Detto questo, siamo tutti convinti che non si possa far finta di niente. Innanzitutto i nostri elettori, che pur sapendo che i consiglieri dem non hanno commesso nessuno dei reati di cui sono accusati quelli del Pdl, sono molto esigenti e chiedono pulizia e chiarezza. Il “tutti via”, però, potrebbe non risolvere il problema, perché non scardinerebbe i feudi. Un signore delle preferenze potrebbe non ricandidarsi e spostare i propri voti su una persona a lui fedele. Occorre individuare meccanismi nuovi, controllo sull’uso delle risorse, porre un tetto alle spese».
«Affidiamo alla commissione regionale di garanzia presieduta da Piero Badaloni il compito di compiere un’istruttoria» propone Lucio D’Ubaldo, senatore vicino a Beppe Fioroni e membro della direzione del Lazio. «Non possiamo abbracciare il populismo della destra, ma dobbiamo trovare dei parametri che permettano di scegliere le persone sulla base della legalità e del merito» è il parere di Bianca Maria Bonanni, anche lei componente della direzione. Favorevole alla rottamazione Matteo Renzi: «Bisogna dire chiaramente che chi è stato in consiglio regionale nel Lazio non va ricandidato».
Se il tema del rinnovamento terrà banco oggi, si fa sempre più pressante la grande questione del candidato alla presidenza della regione e del come sceglierlo. Ieri sia Nicola Zingaretti, sia Gasbarra con i parlamentari dem del Lazio hanno chiesto che si vada al voto «subito», ipotesi che renderebbe praticamente impossibili le primarie di coalizione, anche se l’Idv le vuole per mettere in campo Giulia Rodano.
L’altra questione riguarda le alleanze. «Se realizziamo l’intesa con l’Udc il candidato utile è Zingaretti, se invece ci fosse un’ipotesi di alleanza a sinistra è meglio Gasbarra» dice D’Ubaldo, che per il comune vedrebbe bene Andrea Riccardi.
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