La difesa dell'arciitaliano

Giuliano Ferrara ha provato in tutti modi a spiegarglielo: «Pentiti, cambia vita», neanche fosse la statua del Commendatore di fronte a un sempre più compulsivo Don Giovanni. Non c'è stato verso. «Almeno fai vedere che chiedi scusa». Niente da fare. Contrariamente al finale dell'opera mozartiana non sarà certo lui a portarlo all'inferno, il Cavaliere sex-addicted finirà probabilmente per andarci da solo. Ferrara continuerà a descriverlo, come ha fatto ieri sul Foglio, nelle vesti di un eroe popolare perseguitato da infantili Torquemada e masse di talebani di sinistra. Come al solito il direttore del Foglio si trova a dover tentare di fornire uno schema culturale praticabile rispetto ai pasticci che combinano i supporter del Cavaliere quando tentano di difenderlo. Lunedì sera da Gad Lerner c'era un parlamentare del Pdl che sosteneva seriamente a Proposito degli eccessi notturni berlusconiani la loro discendenza diretta dalla deprecata libertà sessuale esplosa negli anni '60.
Ma la colonna sonora di quelle serate era "Meno male che Silvio c'è ", mica era "Hair". Scartata la ridicola immagine di un Cavaliere radical-capellone, Ferrara punta con maggior rigore storico su quella di una sinistra come l'ha conosciuta lui, bacchettona e manesca, non certo libertaria. E al Berlusconi freak sostituisce, con maggior realismo, l'immagine dell'arci-italiano. Un personaggio dei Vanzina, altro che Mick Jagger. Così la difesa del Cavaliere ha almeno una logica.
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