Il dialogo è col premier, non col Cavaliere»

A Chianciano i radicali a congresso fanno quadrato. «Eh già. Sembrava la fine del mondo, ma sono ancora qua», canta Vasco, iscritto da 27 anni al partito. Il 39esimo congresso del Partito Radicale nonviolento transnazionale e transpartito si apre su queste note. Ieri, oggi, domani, e anche domenica: quattro giorni per «affrontare l'urgenza democratica».
L'atmosfera appare quella di sempre, tra parlamentari e militanti italiani e internazionali. E il leader è sempre il leader. A Chianciano non c'è contraddizione tra un Marco Pannella che dialoga e incontra il premier, e gli slogan del Congresso, che recitano: «Rivoluzione liberale. Con Berlusconi tutti via, anche la sinistra di regime».
Vittime forse dello stesso metalinguaggio che fa parte della loro identità, i radicali proseguono su quella che assicurano essere la via di sempre. L'ipotesi di un ingresso nella maggioranza non è «mai esistita»: «È una bugia che ha avuto buon corso sulla stampa», tuona Marco Cappato. È vero, Emma Bonino ha storto il naso perché «di Berlusconi non si fida». Ma non c'è nell'aria nessun divorzio. Perché non ci sarebbe contraddizione in quel dialogo che pure vede protagonista l'ormai quasi 82enne Pannella e il premier. Il leader radicale ha ripetuto più volte, in questi giorni: «Dimissioni per Berlusconi? No! E dopo, tanto, cosa ci sarebbe? Veltrusconi?». La questione è il sistema, assicura. Per dirla con Mario Staderini, segretario dei Radicali italiani, il fatto è che «i meccanismi che hanno portato ad avere Berlusconi rimarranno anche dopo Berlusconi».
«Non partecipiamo ai furti che la partitocrazia fa», spiega Cappato. Né i radicali entreranno a far parte di questa maggioranza o della prossima eventuale. «Non abbiamo fatto nessuno sconto alle politiche dissennate di questo governo: anzi, rivendichiamo il ruolo di unica opposizione». Il punto è la denuncia del «pericolo di usare la contingenza attuale per tornare al voto con questa legge elettorale». Per Cappato sarebbero «elezioni antidemocratiche». Ecco perché si lavora su ipotesi alternative: «Per fare una legge elettorale non serve un governo, ma una maggioranza parlamentare: siamo per una riforma del sistema elettorale in senso anglosassone. Sosterremmo questa proposta, non quel governo o quella maggioranza». L'ipotesi che il Cav possa mettere sul piatto un'offerta del genere resta remota. Ma «non cerchiamo posti », taglia corto Cappato.
Nessun paradosso insomma, nel dialogare con Silvio. Tanto più che Pier Luigi Bersani ha, ad occhi radicali, «una responsabilità in più». Perché è vero che i radicali sono stati eletti nelle file del Pd (presente, tra l'altro, a Chianciano con una microdelegazione). Ma è vero anche, per Cappato, che il segretario democrat «non sta facendo nulla nelle direzioni da noi auspicate». E «quella della grande coalizione per la democrazia, magari eletta con il porcellum, è una balla».
Dialogare con il premier vuol dire piuttosto trovare «nonostante, anzi proprio in questo conteso antidemocratico, cosa si può iniettare di alternativo rispetto all'antidemocrazia», fa eco Mario Staderini, segretario dei Radicali Italiani. Una lavoro ai fianchi, inserendo «nelle tante risse partitocratiche che oggi si muovono tutte intorno alle faccende di Berlusconi elementi di ritorno alla legalità». Lunedì prossimo i radicali, Bonino in testa, saranno in presidio davanti alla Regione Lombardia, dopo il rinvio al 14 aprile dell'udienza sul ricorso contro la candidabilità di Roberto Formigoni. Sempre di Pdl si tratta. «Sì ma Pannella sta dialogando con il presidente del Consiglio in carica, non con Silvio Berlusconi in quanto tale», spiega Staderini. Resta un dubbio. Se domani si dovesse andare al voto, dove starebbero i Radicali? «Non abbiamo uno scenario elettorale preciso. Quando ci sarà, sceglieremo. E andremo lì dove vediamo uno spiraglio nella partitocrazia». Nomi? Nemmeno uno.
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