Di Pietro, chi accende la miccia

Il 9 febbraio 2008 Marco Pannella, con una dichiarazione improvvisa, chiese a Di Pietro di non candidarsi alle elezioni politiche perché, a suo dire, si trovava in una situazione «oggettivamente ricattabile». Lo stesso giorno un altro che lo conosceva bene, Achille Occhetto, affermò che Di Pietro «gestisce il suo partito in modo patronale e autoritario e c`è un contrasto tra l`immagine del Di Pietro di Mani pulite e il modo disinvolto con cui sul territorio vengono fatte le liste». Le due esternazioni sono contenute in un bel libro (Il tribuno, Castelvecchi) del giornalista Alberico Giostra, uno studio voluminoso sul leader di Italia dei valori (e chissà perché chi scrive di Di Pietro ne scrive ad abudantiam, come pure ha fatto - da par suo - Filippo Facci nel suo Di Pietro - La storia vera, Mondadori). Forse succede perché del personaggio non si finirebbe mai di scandagliare, perfino di rovistare: nel suo passato, nel suo presente, alla caccia di contraddizioni, di macchie e di paure. È l`antieroe quello che si va cercando in lui. È il colpevole travestito da Grande inquisitore: un classico dei romanzi d`appendice su su fino ai noir hollywoodiani. Ma planando sulle avventure quotidiane di Tonino e leggendo questi libroni su di lui meglio si comprende quanto sta avvenendo in parti della sua base, con le notizie di inedite autoconvocazioni all`insegna della richiesta di glasnost, di tumultuosi appelli sul web (chi di Rete ferisce...), e naturalmente di dure lotte intestine condotte con tutti i mezzi. Questo gorbaciovismo in salsa Idv può sorprendere solo chi non aveva ancora ben chiaro che prima o poi qualcuno si sarebbe ribellato a quel «familismo amorale» che negli anni ha portato Di Pietro a chiamare alla politica familiari, amici, familiari degli amici e amici dei familiari, alimentando così un "sistema", corroborato da consensi elettorali e veloci posizionamenti politici, all`insegna di un modello ultraberlusconiano che mostra qualche crepa. E infatti quello che si muove oggi è ?escrescenza di un malessere, anime in pena esasperate da qualcuno che sta accendendo la miccia, in fondo non molta roba ma significativa. Vedremo come andrà il congesso del 6 e 7 febbraio (molti parlano già dell`ennesimo noncongresso) e poi la verifica elettorale delle regionali, (qualche sondaggio già segnala un arretramento). Pare proprio che in vista di questo duplice appuntamento si sia scatenato il tam tam di queste ore. Dietro il quale si allungherebbe l’ombra di Luigi De Magistris, sempre più popolare fra i bloggers, fra i grillini, fra i filosofi di Micromega: è lui che ha acceso la miccia. Altro che glasnost.
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