Deputato per un giorno ma con pensione a vita

Dalla Rassegna stampa

Un giorno da deputato per conquistare un vitalizio di 3.108 euro lordi al mese (1.733 netti). In Italia è possibile. È una storia antica e quasi incredibile, cominciata oltre 25 anni fa. Ma in tempi di tasse e tagli, quelli previsti da una manovra di circa 50 miliardi, torna attuale. Alla faccia di tutti quei cittadini che dovranno digerire una riduzione della pensione ottenuta dopo decenni di lavoro.

Era il 12 maggio 1982: l'esponente del Partito Radicale Luca Boneschi fu proclamato deputato. Entrava alla Camera al posto di Marcello Crivellini. Il giorno dopo si dimise. «Non intendo prendere possesso della carica di deputato» scrisse in una lettera indirizzata alla presidente della Camera Iotti.

In virtù di una norma che assegnava il vitalizio anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura o di dimissioni, previo versamento di pochi contributi, ha ancora diritto all'assegno.

Poi ci sono i casi di altri due esponenti radicali: Angelo Pezzana e Piero Craveri. Il primo diventò deputato il 6 febbraio 1979, sostituendo Maria Adelaide Aglietta. Lasciò Montecitorio una settimana dopo. Il 14 febbraio, infatti, scrisse: «Le mie dimissioni sono state determinate da motivi personali che mi impediscono di lasciare Torino e quindi non mi consentirebbero di partecipare ai lavori della Camera con la dovuta assiduità». Anche Pezzana, dopo aver versato alcuni contributi, incassa un vitalizio di 1.733 euro netti al mese.

Il secondo politico radicale, lo storico Piero Craveri, fu proclamato senatore il 2 luglio 1987. Il 9 luglio le dimissioni, approvate dall'Aula.

Ma di storie di parlamentari che con poco sforzo possono contare su pensioni rilevanti, se non proprio cospicue, ce ne sono tante. Saranno pure ex ma continuano ad avere privilegi. Nel 2009 la Camera dei deputati ha speso 138 milioni 200 mila euro per pagare i vitalizi, 96 milioni e 700 mila euro per assegni diretti e il resto per reversibilità. Ma non è tutto. Montecitorio ha stanziato un milione e 200 mila euro per coprire i rimborsi dei viaggi degli ex deputati.

Stessa musica al Senato che ha speso 81 milioni per i vitalizi e un milione 810 mila euro per pagare treni e aerei agli ex senatori.

Negli ultimi anni le cose sono migliorate: ora servono 5 anni di legislatura e 65 anni d'età per il vitalizio e le spese di trasporto non sono più rimborsate. Ma i privilegi restano nelle Regioni, con l'eccezione dell'Emilia Romagna che ha abolito i vitalizi.

Nel Lazio servono 55 anni per richiedere l'assegno mensile che, tuttavia, scendono a 50 nel caso l'ex consigliere regionale accetti una riduzione progressiva dal 25 al 5 per cento fino a recuperare, a 55 anni appunto, l'intera somma.

Ora ci sono tre proposte di legge alla Pisana: una del Pdl per alzare l'età del vitalizio a 60 anni e due di Idv e Rifondazione Comunista per cancellare il contributo. Saranno approvate? Qualche dubbio è lecito nutrirlo visto che a Montecitorio, nonostante l'intenzione di quasi tutti gli onorevoli di tagliare i privilegi, si è già votato un provvedimento il 21 settembre 2010.

L'ordine del giorno fu presentato da Antonio Borghesi (Idv) e prevedeva di abolire il vitalizio. Ebbene su 525 presenti in Aula hanno votato sì soltanto 22 deputati (quelli dell'Italia dei Valori), 5 si sono astenuti, 498 hanno preferito tenersi stretto l'assegno. Destra o sinistra. Su alcune questioni, del resto, l'impegno di essere poco ideologici e molto pratici viene naturale. Mentre agli altri cittadini le pensioni vengono tagliate o, addirittura, viene alzata l'età pensionabile. Ma si sa: tutti siamo uguali ma c'è sempre qualcuno più uguale degli altri.

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