Democratici totalitari

Dalla Rassegna stampa

La storia politica italiana degli ultimi vent'anni è strafulminata dal cortocircuito tra giustizia e politica. In due decenni nessun leader di partito ha deciso seriamente di prendere i fili e ripararli. Neppure Berlusconi, il quale si lamenta delle azioni giudiziarie ma non ha mai fatto la riforma della giustizia, fermandosi sempre a provvedimenti suggeriti da Azzeccagarbugli sulla cui utilità è meglio sorvolare. Ieri i parlamentari radicali hanno rimesso in campo, in maniera plateale, la questione e hanno mostrato non solo la siderale distanza che passa tra il Pd e loro, ma tra chi si pone il problema reale della giustizia, dei diritti individuali e di chi li calpesta in nome di una lotta politica sempre più barbara. La minaccia di espulsione dal gruppo del Pd dei radicali dissidenti ricorda metodi che ci sembravano lontani, un, residuato della storia. Sono cose che facevano i fascisti e i comunisti non partiti che si dicono democratici nel simbolo e poi nella pratica parlamentare non lo sono. Se il Pdl, come penso, è qualcosa di anarchico, disordinato, pasticciato, il Pd bersaniano non è da meno. Procede per slogan, battutine, ma quando si tratta di mostrare una qualche evoluzione di stampo riformista, le lancette dell'orologio appaiono inesorabilmente ferme al '92. E come se non fossero mai riusciti a levarsi di dosso le macerie del crollo di Berlino. Quanto al centrodestra, ieri ha confermato di poter andare avanti non per merito proprio, ma demerito altrui. Il governo deve decidere se vivere o sopravvivere. Per vivere deve fare le riforme e tener presenti anche i fondatissimi allarmi di Marco Pannella e di tutti i radicali sul sistema carcerario, per sopravvivere bastano gli errori ed orrori del centrosinistra.

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