Democratici, il giorno della scelta

La tempesta Fioroni l’ha placata Fioroni stesso, fornendo l’interpretazione autentica delle sue parole: «Sono contrario ai matrimoni gay. Ma mi auguro che si approvi un testo base che va nel senso di un riconoscimento dei diritti degli omosessuali». Zampata fioroniana che avrà fatto innervosire l’avanguardia gay nel Pd (e non solo): «Il riconoscimento dei diritti è democrazia, riconoscere i matrimoni omosessuali è demagogia». Il punto, semmai, era un altro, e riguardava un eccesso di svolta a sinistra del segretario candidato alle primarie nel messaggio per il gay pride di Bologna.
Una sorta di altolà sulla tutela del pluralismo interno al partito. Una tempesta che però è planata sulla fase conclusiva di un lungo processo di elaborazione – e di mediazione – che il Pd ha messo in campo da più di un anno e che riguarda proprio, oltre al testamento biologico, un evergreen – il tema dei diritti delle coppie di fatto, incluse quelle dello stesso sesso.
Come si vede, sul punto, nel Partito democratico, convivono posizioni anche molto distanti: a partire dal riconoscimento dei diritti della persona si va dalla pura e semplice modifica del codice civile in alcune sue parti (orientamento Fioroni) fino al matrimonio gay (orientamento Concia-Scalfarotto). Per evitare di spaccarsi ogni volta e tentare una mediazione alta, i dem hanno costituito una commissione presieduta da Rosy Bindi, che, ai tempi del Prodi 2, da ministro della famiglia varò con l’allora titolare delle pari opportunità Barbara Pollastrini i Dico, finiti poi in un nulla di fatto. Un gruppo in cui sono ampiamente rappresentati laici e cattolici che ci lavora da un anno e che oggi dovrebbe approvare un documento da votare all’assemblea nazionale di luglio.
Nella bozza di matrimonio gay non si parla, ma si avanza sul nodo del riconoscimento giuridico delle coppie che convivono, anche quando dello stesso sesso. Con un riferimento all’articolo 2 della sentenza n. 138 del 2010 della Corte costituzionale che individua nella formazione sociale «ogni forma di comunità idonea a favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione», all’interno di un orizzonte «pluralistico». E che vi include «anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una vita di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico dei connessi diritti e dei doveri». Su che cosa esattamente intenda la Consulta, fra i costituzionalisti la discussione è in corso. Certo è che il nodo di fondo nel confronto fra laici e cattolici del Pd è quello di sempre: l’area cattolica tende a riconoscere quelli dei gay come diritti della persona ma non di coppia e non di “famiglia”, l’anima laica punta invece sul concetto di coppia, di “vita familiare”, a cui ha fatto espresso riferimento una sentenza della Cassazione del marzo scorso, salutata dalle associazioni omosessuali come uno «storico passo avanti».
E qui, dovendoli individuare, i modelli giuridici sono diversi. Per dire: un conto sono i Pacs francesi, un altro sono i Dico. Rimane da vedere quale grado di articolazione e di specifica avrà il testo – difficile che fornisca una indicazione programmatica sulle unioni civili – e rimane da vedere se il recente rinfocolarsi della polemica non risollevi gli oltranzismi che parevano sopiti nella ricerca di una virtuosa via di mezzo. (Intanto Stefano Fassina invita Fioroni a tener conto dell’orientamento prevalente nel Pd sulle coppie omosessuali e cioè dare sostegno a una iniziativa legislativa in tal senso»).
© 2012 Europa. Tutti i diritti riservati
SU