Demagogia penitenziaria

Dalla Rassegna stampa

 

 
Lo stesso Berlusconi aveva scommesso sulla legge "svuota carceri, il Carroccio lo ha costretto al dietrofront   
Come avvenne con l`indulto, è stata la Lega a opporsi  al ddl Alfano, svuotando il provvedimento. Si sarebbero potuti mandare a casa 10 mila detenuti con meno di un anno  da scontare, ma per Maroni era «un`amnistia mascherata»  
 
ROMA. Inutile. Viene da dire che  la visita dei parlamentari nelle  carceri sia tempo perso, atto di  una vanità pari alle dichiarazioni  seriali sulle agenzie. Con l`eccezione  dei radicali e di singoli  esponenti di altre forze politiche  storicamente impegnati sul tema,  quello che colpisce del rapporto  tra il potere e il dramma dei penitenziari  è la completa incapacità  di cogliere i fatti. E questa d`altronde  è una spiegazione benevola.  Perché se non fosse così sarebbe  peggio. Si dovrebbe pensare  che la vera ratio di certe posizioni  su questo dramma stia tutta  in un perfido cinismo. Sarebbe  davvero solo crudele demagogia,  fatta sulla pelle dei disgraziati. E  allora conviene credere che  quando Antonio Di Pietro, o Umberto  Bossi, o Riccardo Maroni, o  anche il Maurizio Gasparri di  qualche anno fa, liquidano ogni  ddl "svuota-carceri" come inaccettabile  concessione al crimine,  lo facciano perché non conoscono  la realtà di cui parlano.  La storia di questa grande crudeltà  di Stato è fatta di inascoltati  appelli rivolti dal Quirinale come  dal Vaticano. Memorabili sono  le parole usate da Carlo Azeglio  Ciampi all`inizio della quattordicesima  legislatura, quella  del quinquennio 2001-2006, e soprattutto  le frasi adoperate da  papa Wojtyla nella sua storica visita  a Montecitorio, il 14 novembre  del 2002: «Senza compromettere  la necessaria tutela della  sicurezza dei cittadini», disse il  Pontefice davanti all`intero Par-  lamento stipato nell`emiciclo di  Montecitorio, «sarebbe doveroso  un gesto di clemenza verso i detenuti,  mediante una riduzione  della pena». Grandi applausi. Seguirono  però altrettanto grandi  polemiche. Arrivò l`indulto, ma  nella legislatura successiva, cioè  nel 2006. Se ne dissociarono la  Lega, An e l`Italia dei valori, che  giudicò così la scelta degli alleati:  «Oggi l`Unione ha perso la dignità».  Lo spettacolo andato in scena  quest`anno è stato se possibile  peggiore. Se quattro anni fa i due  Poli si esibirono in un disgraziato  gioco di speculazioni e accuse  incrociate, stavolta il conflitto interno  alla maggioranza ha finito  per vanificare gli intenti, Il disegno  di legge svuota-carceri infatti  è stato progressivamente spogliato  dei suoi contenuti essenziali,  fino alla versino approvata  in sede legislativa dalla commissione  Giustizia di Montrecitorio  in attesa dell`ok di Palazzo Madama.  Si era partiti con un grande  progetto studiato dal ministro  Angelino Alfano insieme con gli  esperti del Dap: una norma che  istituisse la messa alla prova per i  detenuti con una pena inferiore a  tre anni, a cui sarebbe stata affiancata  l`assegnazione ai domiciliari  per chi aveva da scontare  meno di dodici mesi. Potrebbe essere  definita, questa legge, uno  dei banchi di prova più chiari della  subordinazione di Berlusconi e  del Pdl al Carroccio. Fu proprio il  presidente del Consiglio infatti a  comunicare con una certa solennità  il 16 aprile scorso che sarebbe arrivato addirittura un decreto  per «alleggerire il più in fretta  possibile il congestionamento  delle carceri, che ha portato quest`anno  ad aver già 20 suicidi:  pensiamo di dare la detenzione  domiciliare a coloro a cui manca  un anno solo da trascorrere in  cella». Da qui però comincia un  calvario, per il provvedimento,  che condurrà all`esito definito  dalla radicale Rita Bernardini  «privo di ogni efficacia rispetto al  dramma carcerario, al massimo  un`aspirina per una comunità ridotta  allo stremo».  La cronistoria è emblematica  di come sia la Lega a decidere  davvero, nella maggioranza. Soprattutto  se si pensa alle frasi,  pure pienamente condivisibili,  pronunciate dal guardasigilli Alfano  pochi giorni prima che il  collega Maroni gli mandasse tutto  per aria. Siamo a fine marzo,  ancora non si conoscono i dettagli  della legge, ma il ministro della  Giustizia sente di potersi sbilanciare  davanti ai delegati del  Sappe, riuniti per il loro ventunesimo  congresso nazionale: i problemi,  spiega, «non si superano  costruendo nuove carceri ma diversificando  il sistema sanzionatorio».  Davvero una svolta ideo«Il  carcere è una   realtà complessa nella quale l`attuale  governo intende investire  anche attraverso il ricorso a strumenti  straordinari». È una significativa  virata verso le posizioni  dei radicali: da sempre il partito  di Marco Pannella denuncia la  diseconomicità, oltre che la disumanità, della carcerizzazione come principio ordinatore delle politiche  sui reati. Con quell`intervento  Alfano ammette che l`altra  parte del piano carceri, quello  che prevede di costruirne di nuove  fino a 2lmila posti in più, non  risolve granché. È una presa  d`atto apparentemente decisiva.  E invece, nel giro di poche settimane,  cadrà tutto nel vuoto.  In fondo la svolta del guardasigilli,  a cui Berlusconi, dopo pochi  giorni, dà appunto la sua benedizione,  parte da una presa d`atto  semplicissima: quei 2lmila posti  in più del piano Ionta, dal nome  del capo del Dap, non bastano  nemmeno ad assorbire il sovraffollamento  maturato allo stato  presente nel sistema penitenziario.  Rispetto alla capienza  massima ufficiale di 44mila unità  la popolazione carceraria è già di  68mila (e i dati, da fine marzo all`estate  non miglioreranno), con  un`eccedenza di 24mila. Tutto  lampante, tutto logico. Non per  la Lega, però. È sempre la generosissima  Rita Bernardini a denunciare,  pochi giorni dopo la  solenne ammissione di Alfano,  che in commissione Giustizia  «sono tornati gli irresponsabili  demagoghi». Lega in testa, ma  anche Italia dei valori e Pd si oppongono  a una rapida approvazione  del ddl. Di Pietro non si nasconde  e subito provvede a confermare  la sua posizione: «La  legge che porta il nome del ministro  Alfano è di fatto una scorciatoia  di non punibilità. Non è vero  che svuoterebbe le carceri e porterebbe  la microcriminalità a restare  impunita».  Quali sono i dati? Sarebbero interessanti,  persino dopo che dal  testo varato all`unanimità in  Consiglio dei ministri viene stralciata  la norma sulla messa alla  prova. Restano comunque quasi  10mila potenziali beneficiari, tutti  detenuti con pene inferiori a un  anno che andrebbero ai domiciliari.  È Maroni però a infliggere,  pochi giorni dopo, il colpo di grazia:  «Non va bene è un indulto  mascherato», sentenzia. Pochi  giorni e l`11 maggio la commissione  Giustizia non solo stralcia  definitivamente la messa alla   prova ma, in omaggio al diktat di  Maroni, introduce correttivi anche  alla norma dei domiciliari  per chi ha meno di un anno da  scontare. Tutto viene riportato alla  discrezionalità del giudice di  sorveglianza, e vengono aggiunti  paletti molto rigidi sulla certezza  e la stabilità del domicilio.  Aspetto che complica le procedure  soprattutto per gli stranieri.  La Lega è contenta, l`aspirina peraltro  ancora non somministrata.  E le carceri, sotto la calura  agostana, hanno ancora i letti a  castello montati su quattro piani.   

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