E Della Vedova spiega: il vero garantismo è...

Dalla Rassegna stampa

Quando lasciò nel 2005 i Radicali, di cui era stato deputato europeo ispirando la "scandalosa" svolta liberista, e costituì i Riformatori Liberali, scelse come simbolo un salmone. Andando controcorrente, si schierò con un centrodestra (apparentemente) in disarmo rinunciando a seguire Pannella, Bonino e Capezzone nella "svolta prodiana". Entrato in parlamento nel 2006 nelle fila di Forza Italia e rieletto nel 2008 nella lista del Pdl. è stato questo economista valtellinese formatosi tra la Bocconi e l'Azione Cattolica ad intervenire ieri alla Camera, a nome del gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia, sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. È significativo che a rappresentare il gruppo finiano nel battesimo del fuoco parlamentare sia stato Benedetto Della Vedova, che di Fini non condivide la storia, ma la prospettiva, quella di una destra larga e inclusiva, più sensibile ai modelli dei liberalconservatorismo europeo che a quello "carismatico" del partito berlusconiano. In una qualunque forza popolare europea, Fini rappresenterebbe probabilmente le posizioni più mediane e main stream e Della Vedova quelle più apertamente modernizzatrici. Nel Pdl italiano, entrambe le posizioni sono invece divenute marginali e poi, perfino, "incompatibili" non perché contrabbandino contenuti estranei alla cultura conservatrice del continente, ma perché contrastano con le parole d'ordine della piattaforma leghista. Non casualmente, Della Vedova chiarisce subito che il suo intervento è fatto a nome di un gruppo di deputati, «che avrebbero voluto restare nel Popolo della Libertà». Di fronte all'espulsione decretata dall'Ufficio politico del Pdl, «non abbiamo capito, ma ci siamo adeguati. Ne abbiamo preso atto, ma non ci siamo rassegnati. Ora la maggioranza parlamentare, alla Camera come al Senato, è composta da tre gruppi, compresi quelli di Futuro e Libertà per l'Italia».
Motivando il voto di astensione, Della Vedova dà atto all'Udc e all'Api di avere scelto di convergere su di una «posizione equilibrata, su di un terreno dove abitualmente prevale un feroce scontro pregiudiziale», con una dimostrazione di «responsabilità istituzionale in una fase tormentata della vita della Repubblica». Ma "Futuro e libertà" non ha costituito con altre forze nessun terzo polo: «Noi restiamo senza esitazioni nella maggioranza i cui numeri non cambiano, altri all'opposizione». «Nessun politico ha il dovere di dimettersi per il solo fatto di essere indagato. Ma nessun politico può essere difeso, a prescindere da qualunque altra considerazione, solo perché è indagato. L'avviso di garanzia non è una condanna preventiva, ma la presunzione di innocenza non assicura l'immunità politica». Così, Della Vedova inizia ad affrontare il merito della mozione, dichiarandosi lontano dagli «opposti estremismi di chi ritiene che un avviso di garanzia debba fare scattare la tagliola delle dimissioni» e di chi al contrario pensa che «per valutare le responsabilità di un politico indagato occorra attendere la pronuncia definitiva dell'autorità giudiziaria. Si tratta di due errori uguali e contrari, in cui la politica italiana è già caduta in passato e da cui deve guardarsi per il futuro».
Secondo Della Vedova, mentre soffiano «i venti di un giustizialismo aggressivo e di uno pseudo garantismo peloso» occorre ribadire che «non tutto è uguale, non tutto è ugualmente censurabile, non tutto è ugualmente difendibile. Bisogna dire chiaramente che il caso Caliendo è diverso dal caso Brancher, che è diverso dal caso Cosentino, che è diverso dal caso Scajola». Al sottosegretario Caliendo può essere contestata «una grave imprudenza e un'eccessiva confidenza con personaggi che non meritavano me ascolto né credito», ma non «la responsabilità di essere venuto gravemente meno ai suoi doveri». Nondimeno, «non è irrilevante» che un sottosegretario alla Giustizia, e non di un altro dicastero, sia indagato «per avere tentato di influire su procedimenti che interessavano importanti uffici giudiziari». Insomma, l'astensione di "Futuro e libertà per l'Italia" rimette al governo e al senatore Caliendo la responsabilità di una scelta e di una valutazione di opportunità rispetto all'ipotesi di autosospensione, perché i politici non sono «né più, né meno innocenti dei comuni cittadini», ma hanno molti doveri in più, soprattutto quando «si diffonde la sfiducia per la politica e per le istituzioni». Né l'intervento del ministro Alfano, né quello del capogruppo Cicchitto - che ha liquidato il tutto alla voce "moralismo" - fanno però ritenere che il sottosegretario Caliendo sarà aiutato nella riflessione che il garantista Della Vedova gli ha suggerito.

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