Decadenza, il Pdl minaccia la giunta

Dalla Rassegna stampa

Oggi sarà solo l’antipasto, ma la guerra è cominciata: «Se in giunta arriverà un voto politico, la maggioranza di governo finirà» avvisa Schifani. Alle 13.30 si riunisce l’ufficio di presidenza della giunta per le autorizzazioni e le immunità di Palazzo Madama sul caso Berlusconi. All’ordine del giorno c’è il calendario dei lavori. Ma si deciderà su un solo punto: l’orario di inizio della prima seduta di lunedì 9 settembre. Presumibilmente in tarda mattinata, intorno a mezzogiorno. Su tutto il resto sarà battaglia e il quadro è avvolto nell’incertezza. A partire dal livello di scontro che il Pdl sarà disposto a raggiungere. Il partito di Berlusconi, che la legge dei numeri mette in minoranza, per il momento ha un’unica strategia: resistere fino all’ultimo. E ha già cominciato a mettere in campo le armi chiedendo al presidente del Senato Madama Piero Grasso di sostituire alcuni componenti rei di esternare troppo. Ottenendo risposta negativa: la sostituzione non è prevista per avere espresso opinioni - fa sapere Grasso - tantomeno in questo caso in cui sono state espresse «da esponenti di tutte le forze politiche». È comunque un attacco alzo zero che surriscalda il clima e mostra la volontà di non lasciare nulla di intentato. Lo sferra il capogruppo Renato Schifani, ex seconda carica dello Stato, che oggi riunirà i suoi alle13 per decidere la linea. Senza il Cavaliere che, salvo colpi di scena, se ne resterà in ritiro spirituale ad Arcore con famiglia e fidanzata. Dopo l’intervista del presidente della giunta, il vendoliano Dario Stefàno a l’Unità, Schifani attacca: «È di tutta evidenza che la violazione degli elementari principi di riservatezza da parte di alcuni membri della giunta - i quali hanno a mezzo stampa dichiarato come voteranno, prima degli adempimenti previsti richiede la valutazione del presidente Grasso sulla esigenza di procedere alla loro sostituzione, considerata la funzione giurisdizionale della giunta che impone il rigoroso dovere di non poter anticipare in alcuna sede le decisioni finali dei singoli componenti». Come lui la pensano Cicchitto, Gasparri e Bernini: «Anticipare decisioni e tempistica della giunta non è consono al ruolo di terzietà ed equilibrio del presidente».

MOSSA A FREDDO
Nel mirino non solo Stefàno ma anche altre interviste, a partire dal paginone doppio de La Stampa di lunedì che riportava i pareri di quasi tutti i componenti dall’eloquente titolo: «La giunta pronta a votare subito la decadenza». A sottrarsi alle domande, oltre alla Pd Filippin, erano però gli azzurri (tranne Caliendo e Giovanardi): il relatore Andrea Augello, gli azzurri Malan, D’Ascola e Casellati si sfilano con un «preferisco non pronunciarmi per motivi di opportunità». Segno che la mossa non è frutto di un’improvvisa irritazione ma è stata giocata a freddo. Intanto Sacconi evoca Craxi e Gabriella Giammanco fa sapere di aver raccolto 1500 firme sui referendum dei Radicali: «Le consegnerò presto a Rita Bernardini». Grasso però, a stretto giro, li gela: «Il presidente del Senato ha il potere di rinnovare i componenti della giunta per le elezioni solo in determinati casi disciplinati dal regolamento, tra i quali certamente non rientra l’espressione di opinioni sulle questioni sottoposte alla valutazione della giunta e che, nel caso specifico, sono emerse da esponenti di tutte le forze politiche». Lunedì si comincerà a mezzogiorno se non oltre. Ufficialmente per venire incontro ai componenti che arrivano da fuori Roma. Con l’intento - almeno di Pd, Sel, M5S e Scelta Civica - di arrivare fino alla notte se necessario. «Abbiamo tempo fino a mezzanotte, c’è tutta la nottata» assicura il senatore Pd Felice Casson. Il primo atto sarà votare come procedere, con il Pdl che tenta di guadagnare tempo attraverso questioni pregiudiziali. Ma Stefàno ha già fatto capire di volere sedute lunghe e tempi stringati pronosticando che la giunta potrebbe votare sulla relazione di Andrea Augello «entro la fine della prossima settimana».

LA BATTAGLIA SUI TEMPI
Il relatore farà la sua proposta dopo aver letto il documento che sfora la trentina di cartelle (e non può pronosticare il tempo di lettura). Poi, dopo il voto (presumibilmente contrario) comincerà la battaglia sui tempi. Chi sarà il nuovo relatore? E in che fase chiedere il rinvio alla Consulta? A quel punto sarà partito il conto alla rovescia per la permanenza del Cavaliere su suo scranno parlamentare. Gli schieramenti sulla carta sono chiari e la maggioranza Pd-Sel-M5S-Sc è per non fare sconti né meline sulla decadenza. Ma per gli azzurri, al di là delle tattiche dilatorie, il problema è l’assenza di indicazioni precise. Il Cavaliere vorrà prendere la parola? E per dire cosa?

 

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