Le debolezze di Angela

A volte, in Germania come altrove in Europa, la storia si ripete a ritmi serrati. Nel 2005 l’allora Cancelliere socialdemocratico Schroeder, perse le elezioni in Nordreno-Westfalia, decise di indire elezioni federali anticipate e fu sconfitto.
Da allora ci governa Angela Merkel, e questa domenica lo schiaffo del Reno è toccato a lei. Mettiamo i paletti: Angela Merkel non cadrà, non indirà elezioni anticipate come fece Schroeder dopo la sua sconfitta in NordrenoWestfalia. Ma continuerà a governare indebolita, darà all’Europa una Germania dall’esecutivo debole nel momento peggiore, proprio nel momento storico in cui l’Europa è alle prese con crisi più grande dei suoi politici, e ha un drammatico, urgente bisogno di ritrovare la dimensione dei grandi statisti europei come furono Kohl, Brandt o Schmidt, per citare solo i tedeschi.
La sconfessione della politica del governo di centrodestra è chiara, e investe anche, inequivocabilmente, la politica europea della Merkel. Troppo a lungo la Cancelliera ha criticato i greci dicendo che ogni umile casalinga della Svevia, del sudovest tedesco, sa che non si può vivere in eterno sopra i propri mezzi.
I greci lo sanno, ma lei dimentica troppo facilmente divenire non dal sudovest bensì dall’Est della Germania, che costa al bilancio federale 100 miliardi di euro ogni anno, ben più dei 22,4 miliardi in tre anni che ci costeranno gli aiuti ad Atene.
«Spazziamo davanti all’uscio della nostra casa prima di criticare gli altri», disse Helmut Kohl negli anni in cui volle l’euro. La Merkel al contrario, temendo il responso di 13 milioni di elettori, ha anteposto la prova in Nordreno-Westfalia alle priorità dell’Europa. E gli elettori l’hanno bocciata comunque. Non ha saputo spiegare che il rischio della bancarotta d’uno Stato, la Grecia, impone spese straordinarie a tutti per non andare tutti in bancarotta.
Con la sua logica da piccola casalinga non si può governare un paese, meno che mai un paese delle dimensioni della Germania, ancor meno che mai l’Europa. Gli elettori lo hanno capito e l’hanno punita. E hanno punito i liberali, che promettono sgravi fiscali a ogni costo, nonostante lo stato dei conti pubblici tedeschi c il trattato di Maastricht non lo consentano. Rispetto al successo delle elezioni federali del settembre scorso, i liberali sono usciti dimezzati. Il loro successo di allora si è rivelato il successo d’un voto di protesta: allora votarono per loro perché erano all’opposizione. Adesso sono al governo, e addio stato di grazia. Col voto in Nordreno-Westfalia cade l’illusione che conservatori e liberali in Europa se ne intendano di economia più dei socialdemocratici o in generale delle sinistre moderate. Conservatori e neoliberali, ovunque fossero al governo, si sono indebitati al massimo, hanno avuto la loro corresponsabilità nella crisi finanziaria internazionale, e gli elettori non credono più in loro come soluzione. La cancelliera alza la voce con Atene, ma ha portato debito e disavanzo tedeschi a massimi storici.
Il responso degli elettori del Nordreno-Westfalia mi sembra favorevole all’Europa. Certo, quando un paese mente per anni agli europei sulla sua situazione economica e finanziaria reale, come ha fatto la Grecia, è comprensibile che gli elettori tedeschi si chiedano perché debbano pagare per questo paese. Ma se un leader è un vero statista e non solo un politico, sa che con slogan di vendetta in un caso simile non si va lontano, e che si esce da una simile emergenza nell’interesse dell’Europa solo aiutando subito, velocemente, quel paese che pure ha mentito. La casalinga del Meclenburgo non lo capisce. È diverso dall’epoca di Kohl che ebbe solo sei mesi per realizzare la riunificazione tedesca trattando con i Grandi del mondo e seppe muoversi bene, Angela Merkel nella crisi attuale non si è mostrata a quel livello, non ha capito che bisognava muoversi prima. Lei è bravissima in politica interna, ma fa una politica nazionale e non europea nella sua prospettiva, e tutti gli europei devono pagare per questa sua carenza. Anche sul piano interno, gli elettori l’hanno forse punita ricordando che sono state le riforme di Schroeder e non lei a creare 1,7 milioni di posti di lavoro in più in Germania. Adesso la grande prova attende la Spd. La rimonta può porle la tentazione di patteggiare con la Linke pur di tornare al potere. Guai alla Spd se cederà alla tentazione. Spero che la Spd capisca il suo successo sul Reno riscoprendosi come partito progressista del Centro, e non apra ad alleanze di lunga durata con una Linke troppo compromessa col passato della Ddr, una Linke che non riconosce la Costituzione federale. Anche le emergenze europee, prima di tutto l’urgenza di correggere il progetto di Kohl, un euro valuta forte senza Europa politica forte,
e una Germania numero uno economico in Europa senza un governo all’altezza del compito, hanno bisogno di una Spd che faccia le scelte giuste.
Da allora ci governa Angela Merkel, e questa domenica lo schiaffo del Reno è toccato a lei. Mettiamo i paletti: Angela Merkel non cadrà, non indirà elezioni anticipate come fece Schroeder dopo la sua sconfitta in NordrenoWestfalia. Ma continuerà a governare indebolita, darà all’Europa una Germania dall’esecutivo debole nel momento peggiore, proprio nel momento storico in cui l’Europa è alle prese con crisi più grande dei suoi politici, e ha un drammatico, urgente bisogno di ritrovare la dimensione dei grandi statisti europei come furono Kohl, Brandt o Schmidt, per citare solo i tedeschi.
La sconfessione della politica del governo di centrodestra è chiara, e investe anche, inequivocabilmente, la politica europea della Merkel. Troppo a lungo la Cancelliera ha criticato i greci dicendo che ogni umile casalinga della Svevia, del sudovest tedesco, sa che non si può vivere in eterno sopra i propri mezzi.
I greci lo sanno, ma lei dimentica troppo facilmente divenire non dal sudovest bensì dall’Est della Germania, che costa al bilancio federale 100 miliardi di euro ogni anno, ben più dei 22,4 miliardi in tre anni che ci costeranno gli aiuti ad Atene.
«Spazziamo davanti all’uscio della nostra casa prima di criticare gli altri», disse Helmut Kohl negli anni in cui volle l’euro. La Merkel al contrario, temendo il responso di 13 milioni di elettori, ha anteposto la prova in Nordreno-Westfalia alle priorità dell’Europa. E gli elettori l’hanno bocciata comunque. Non ha saputo spiegare che il rischio della bancarotta d’uno Stato, la Grecia, impone spese straordinarie a tutti per non andare tutti in bancarotta.
Con la sua logica da piccola casalinga non si può governare un paese, meno che mai un paese delle dimensioni della Germania, ancor meno che mai l’Europa. Gli elettori lo hanno capito e l’hanno punita. E hanno punito i liberali, che promettono sgravi fiscali a ogni costo, nonostante lo stato dei conti pubblici tedeschi c il trattato di Maastricht non lo consentano. Rispetto al successo delle elezioni federali del settembre scorso, i liberali sono usciti dimezzati. Il loro successo di allora si è rivelato il successo d’un voto di protesta: allora votarono per loro perché erano all’opposizione. Adesso sono al governo, e addio stato di grazia. Col voto in Nordreno-Westfalia cade l’illusione che conservatori e liberali in Europa se ne intendano di economia più dei socialdemocratici o in generale delle sinistre moderate. Conservatori e neoliberali, ovunque fossero al governo, si sono indebitati al massimo, hanno avuto la loro corresponsabilità nella crisi finanziaria internazionale, e gli elettori non credono più in loro come soluzione. La cancelliera alza la voce con Atene, ma ha portato debito e disavanzo tedeschi a massimi storici.
Il responso degli elettori del Nordreno-Westfalia mi sembra favorevole all’Europa. Certo, quando un paese mente per anni agli europei sulla sua situazione economica e finanziaria reale, come ha fatto la Grecia, è comprensibile che gli elettori tedeschi si chiedano perché debbano pagare per questo paese. Ma se un leader è un vero statista e non solo un politico, sa che con slogan di vendetta in un caso simile non si va lontano, e che si esce da una simile emergenza nell’interesse dell’Europa solo aiutando subito, velocemente, quel paese che pure ha mentito. La casalinga del Meclenburgo non lo capisce. È diverso dall’epoca di Kohl che ebbe solo sei mesi per realizzare la riunificazione tedesca trattando con i Grandi del mondo e seppe muoversi bene, Angela Merkel nella crisi attuale non si è mostrata a quel livello, non ha capito che bisognava muoversi prima. Lei è bravissima in politica interna, ma fa una politica nazionale e non europea nella sua prospettiva, e tutti gli europei devono pagare per questa sua carenza. Anche sul piano interno, gli elettori l’hanno forse punita ricordando che sono state le riforme di Schroeder e non lei a creare 1,7 milioni di posti di lavoro in più in Germania. Adesso la grande prova attende la Spd. La rimonta può porle la tentazione di patteggiare con la Linke pur di tornare al potere. Guai alla Spd se cederà alla tentazione. Spero che la Spd capisca il suo successo sul Reno riscoprendosi come partito progressista del Centro, e non apra ad alleanze di lunga durata con una Linke troppo compromessa col passato della Ddr, una Linke che non riconosce la Costituzione federale. Anche le emergenze europee, prima di tutto l’urgenza di correggere il progetto di Kohl, un euro valuta forte senza Europa politica forte,
e una Germania numero uno economico in Europa senza un governo all’altezza del compito, hanno bisogno di una Spd che faccia le scelte giuste.
(testo raccolto da andrea tarquini)
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