Il debito pubblico non è il solo imputato

Dalla Rassegna stampa

Sottostimando i rischi nel periodo precedente al crollo dei mercati finanziari, i mercati finanziari e le agenzie di rating hanno sbagliato in modo clamoroso. Perché dovrebbero essere nel giusto ora nel valutare un numero sempre maggiore di titoli del debito degli Stati? Non potrebbero stare commettendo l’errore opposto, vale adire, sovrastimando i rischi dovunque e, in particolare, nei mercati delle obbligazioni di Stato?
E’ vero, naturalmente, che i livelli del disavanzo e del debito pubblico nei vari paesi dell’eurozona- ma anche negli Usa e in Gran Bretagna - non sono sostenibili e che, a un certo punto, dovranno essere adottate delle misure per ridurli. I mercati finanziari e le agenzie di rating ora hanno focalizzato la propria attenzione su questo dato, trascurando, tuttavia, l’interconnessione esistente tra debito pubblico e debito privato. Il motivo principale dell’esplosione del debito degli Stati è che i governi, correttamente, hanno giudicato necessaria una sua espansione per salvare il settore privato e, soprattutto, gli istituti finanziari.
A ogni euro di debito dello Stato corrisponde un euro di debito privato che il governo si è accollato o ha reso disponibile. Aumentando il premio per il rischio sul debito sovrano, i mercati finanziari e le agenzie di rating stanno difatti obbligando i governi a ridurre il debito pubblico, il che equivale a passare la patata bollente di un debito insostenibile al settore privato e in primis al sistema finanziario. Ciò si rivela un problema particolarmente serio nell’area euro, dove i mercati finanziari, traumatizzati dalla tragedia della Grecia, hanno imboccato un processo che vuole imporre un’austerità analoga anche nel resto dell’eurozona. Così, obbligati dal giudizio fallibile dei mercati finanziari e delle agenzie di rating, i governi dell’area euro, uno dopo l’altro, si trovano costretti ad abbandonare le strategie budgetarie messe in atto per salvare il settore privato. Questo percorso sta imponendo a un numero crescente di economie dell’area euro di ridurre la spesa e di aumentare il carico fiscale. Imponendo ora questa austerità, i
mercati finanziari rendono molto più difficile la ripresa e, di conseguenza, anche la correzione del deficit e del debito dei singoli Stati, una dinamica deflattiva autoinflitta che minaccia di avviluppare l’intera area euro.
Può essere arrestato questo processo? Si, ma per farlo, i governi dell’eurozona devono liberarsi dalla convinzione secondo la quale, all’origine dell’attuale crisi di debiti pubblici c’è la dissipatezza dei governi. Non è così. All’origine di questa crisi c’è la pregressa dissipatezza di vasti segmenti del settore privato e, soprattutto, del settore finanziario. Una maggiore rigidità del Patto di Stabilità non risolverà il problema in alcun modo. Per fermare il contagio è anche essenziale che i governi lo affrontino come un problema unico che li colpisce tutti. L’esitazione nella risposta alla crisi greca ha intensificato gli effetti del contagio e avviato un processo di austerità di bilancio che minaccia i settori privati dell’ eurozona. Questo processo può essere fermato solo concordando rapidamente un sostegno finanziario reciproco. Sarà necessario mettere da parte le analisi di tipo morale ed emotivo che hanno registrato una grande popolarità in Germania, dove il problema è stato ridotto a una punizione da infliggere alla Grecia per le passate malefatte. L’ultimo programma di aiuto, sul quale si è trovato un accordo lo scorso fine settimana, sembra voler mettere da parte queste obiezioni morali e, si spera, contribuirà a individuare nell’eurozona le corrette politiche di bilancio.

*Professore di economia all’Università Cattolica di Lovanio, Belgio

(Traduzione di Guiomar Parada)

© 2010 La Repubblica. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK