De Bello Olimpico

Dalla Rassegna stampa

Delle diciassette medaglie finora conquistate nell’ambito della Campagna di Londra, sette provengono dagli spadaccini, cinque dai tiratori scelti e una dagli arcieri.

Era dai tempi delle guerre puniche che l’Italia non forniva una prova simile di virtù militari. Non che la cosa inorgoglisca particolarmente il pacifista che è in me. Ma l’italiano scettico, anch’esso in me, rimane basito davanti a una manifestazione di destrezza bellica così lontana dalle tradizioni della casa. Se uno cerca un artista, un cuoco, un sarto, questo è da sempre il posto giusto. Ma i soldati infallibili e coraggiosi di solito crescevano altrove. Talmente altrove che durante il Rinascimento li ingaggiavamo all’estero come Ibrahimovic per combattere le guerre che ci facevamo tra noi. Da Dante a Leopardi, passando per Machiavelli, alcune fra le più alte pagine della letteratura italiana riecheggiano lo strazio di quelle anime grandi per la mollezza di carattere dei loro connazionali, costituzionalmente allergici allo spirito guerriero.

In realtà la storia patria - basti pensare agli alpini di Russia - è una processione di soldati eroici. A farle difetto sono sempre stati i generali. Lo sosteneva anche uno degli unici due che abbiamo avuto, Garibaldi (l’altro, il corso-toscano Buonaparte, come capita spesso ai giovani italiani fece fortuna all’estero).

I generali. Burocrati cresciuti dentro i ministeri invece che sui campi di battaglia. Più abili nella raccomandazione che nell’azione. L’Italia dell’ammiraglio Persano, l’indeciso a tutto che venne sconfitto a Lissa dai formidabili marinai veneziani che battevano bandiera austriaca nella terza guerra di indipendenza. L’Italia del maresciallo Badoglio, il colpevole di Caporetto riabilitato a Vittorio Veneto, capacissimo di fare carriera con il fascismo, poi di prenderne il posto e infine di scappare da Roma un attimo dopo - anzi prima - averla consegnata ai nazisti.

Al comando di cotanti fenomeni, neanche cento Vezzali e mille Campriani sarebbero riusciti ad acchiappare una medaglietta. Per fortuna il divario fra truppe e quartier generale, in Italia, è un fenomeno da sempre circoscritto all’ambito militare. In politica, all’università, negli uffici e negli ospedali soffia ben altra aria, vero?

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