Per dare impulso al nucleare serve lo standard unico

Il decreto attuativo del febbraio 2010 e la legge sviluppo del luglio 2009 hanno riaperto il tema del nucleare per la produzione di energia elettrica. Un elemento da cui partire per analizzare se il modello italiano sia valido e attuabile è un'analisi comparata fra il nostro nuovo quadro normativo e quello delle quattro nazioni nucleari più «mature»: Usa, Francia, Germania e Spagna. È quanto abbiamo fatto in un recente studio Accenture-Safe, che ha cercato di evidenziare come possa essere gestita la sfida tecnologica, economica, di sicurezza e trasparenza nel nucleare. In particolare, abbiamo analizzato il modello e le azioni che gli attori devono attuare perché il ritorno al nucleare si realizzi nei tempi stabiliti.
Innanzitutto, rileviamo che il gruppo di nazioni citato sta rilanciando attività di potenziamento del proprio parco nucleare, che ha mediamente fra i 25 e i 30 anni, confermando tale rilancio come risposta (non unica) alle politiche di sostenibilità ambientale. Le recenti modifiche normative operate da tutti i Paesi del panel e le nuove tecnologie adottate dalle centrali nucleari di terza generazione determinano quali siano gli elementi chiave che gli operatori dovranno garantire: sicurezza e minimizzazione dell'impatto ambientale, sostenibilità economica dell'investimento.
In questa cornice, il nuovo quadro normativo italiano per il nucleare è in linea con quello delle altre nazioni. Abbiamo infatti recepito una serie di elementi rilevanti: l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari, previa certificazione del sito; una durata limitata della cosiddetta «vita utile» dell'impianto e ispezioni periodiche di sicurezza; stoccaggio definitivo e smantellamento gestito da un'azienda statale; l'ipotesi di misure compensative verso le popolazioni locali riconosciute in fase di costruzione ed esercizio. È chiaro che - raggiunto questo punto di maturazione del percorso - la fattibilità del nucleare debba fare i conti con la valutazione di un rapporto rischi/benefici che può ricondursi a due temi chiave: la stabilità della situazione normativo-regolatoria e le tecniche di gestione nella fase di realizzazione.
Per la prima, dobbiamo affrontare con chiarezza il fatto che i tempi sono stretti e che è necessario attuare con tempestività le norme approvate. Per la seconda, confrontandosi anche con le risposte che i leader dell'industria nucleare mondiale stanno elaborando per affrontare con successo programmi di questa complessità, e alle quali l'Italia dovrà ispirarsi, possiamo rifarci ai due elementi cruciali: l`interoperabilità e la standardizzazione. L'interoperabilità ha l'obiettivo di massimizzare l'efficacia delle interazioni tra i vari attori (costruttori, operatori, autorità di sicurezza), cercando di mantenere coerente, corretto, trasparente, rapido e reperibile il flusso informativo necessario a tutti gli attori nel proprio ruolo.
Una delle principali conclusioni dello studio AccentureSafe riguarda infatti l'elevato livello di complessità determinato dalla necessità di gestire nella massima sicurezza e in trasparenza tutte le fasi del ciclo di vita per la centrale nucleare (dal progetto allo smantellamento), per un periodo che oggi può raggiungere anche i 60 anni, e che prevede la gestione di una molteplicità di attori: ministeri, entità regionali, agenzie internazionali, agenzia nazionale.
La standardizzazione è da intendersi come la costruzione in serie di impianti nucleari con le stesse caratteristiche, che consente non solo di ridurre i costi associati alle licenze e alla costruzione delle centrali, ma anche le spese sostenute per la gestione e le attività di esercizio dell'impianto e quelle di smantellamento. Crediamo, dunque, che nel quadro normativo proposto per il caso italiano il successo della sua attuazione non possa prescindere dall'utilizzo di tale approccio e dalla velocità con cui il Paese e le istituzioni sapranno rapportarlo alla realtà economica e industriale del nostro Paese.
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