D'Alema salta il muro e sarà ministro

Dalla Rassegna stampa

 

Nell`orgia di celebrazioni per il ventennale della caduta del Muro berlinese, che divideva il mondo libero da quello comunista, c`è chi quel muro lo ha scavalcato con uno zompo e si accinge a diventare ministro degli Esteri della Comunità europea. Il saltatore provetto è Massimo D`Alema, già vicesegretario generale del Pci, primo compagno entrato a Palazzo Chigi nel ruolo di premier, eminenza non tanto grigia del Pd (Bersani è uomo suo), una esperienza quale responsabile della Farnesina. I giochi sono (quasi) fatti perché la rosa dei papabili col trascorrere dei giorni si è ristretta e la candidatura del Migliore dei Peggiori sembra destinata a trasformarsi presto in ufficiale investitura. Che per lui, annoiato della politichetta patria fatta di scontri e colpi bassi, vendette e scandali, equivarrebbe a una resurrezione. Lontano dagli intrighi romani potrebbe ricaricare le pile, poi magari, ripresentarsi sulla scena nazionale ripulito dalla muffa e sperare in un gran finale. Gli auguriamo di riuscire a realizzare l`ambizioso programma. D`altronde se lo confrontiamo alla maggioranza dei suoi tristi colleghi, lui è un gigante. Se gli andrà bene, oltre a se stesso, dovrà ringraziare Silvio Berlusconi che è stato, in questa circostanza almeno, un suo sponsor avendolo spinto per due motivi: primo, perché nonostante differenze appariscenti, lo stima; secondo, perché forse in cuor suo spera un bel dì di essere ricambiato (e qui si sbaglia dato che in politica la gratitudine è un sentimento inesistente). Sia come sia, avremo un ministro italiano nella Ue, per giunta ex comunista nonché liberale improvvisato (e non è l`unico ad essersi convertito, a parole). I polacchi all`idea di D`Alema agli Esteri`avevano arricciato il naso, perché non si fidavano di un vecchio leader del Pci. Poi sì sono guardati attorno, hanno scoperto che in mezza Europa gli ex compagni sono una colonia numerosa, e hanno mutato opinione semprecché le nostre informazioni siano esatte. Ora non dovrebbero più esserci ostacoli alla beatificazione continentale del peso Massimo targato Pd. Intanto, procedono in un crescendo di retorica le commemorazioni dell`abbattimento del Muro, simbolo della violenta dittatura rossa. L`evento, secondo alcuni, è stato una liberazione cui si deve la promozione democratica di Paesi per anni condannati a subire l`isolamento, causa Cortina di ferro; per altri invece, niente di tutto ciò bensì l`inizio di una decadenza politica e culturale che ha portato frustrazioni e depressione. Non sapremmo dire chi abbia ragione, ma sappiamo che i giudizi sugli accadimenti del passato relativamente recenti, e non ancora filtrati da freddi studi storici, sono viziati dagli umori e dal vissuto personale di chi li emette. Che il più delle volte tende peraltro a tingere di rosa, se non proprio di rosso, i bei tempi andati e a tingere di grigio, se non di nero, quelli presenti. C`è anche qualcuno, di sicuro in buona fede, che ricorda maluccio i fatti e li ricostruisce ad uso e consumo dei propri teoremi politici. È il caso, per esempio, di Barbara Spinelli, editorialista della Stampa di Torino, la quale domenica ha affermato che il Muro cascò in testa alla sinistra, cogliendola di sorpresa e quindi impreparata a reagire rinnovando il suo bagaglio ideale. In Italia è successo qualcosa di assai diverso. Nel 1989 era noto da un lustro che il socialismo reale traballava. Uno scossone forte era venuto dalla Polonia cattolica e sindacalizzata. Altri scossoni furono provocati da Gorbaciov inventore della perestroika, una specie di brodino democratico con cui il dittatore si illudeva di bloccare o almeno rallentare il disfacimento dell`Unione Sovietica. Insomma, il botto era nell`aria e bisognava aspettarselo. Quando si sbriciolò la muraglia, il Pci, lungi dal chiudere bottega si limitò a sostituire l`insegna e a trastullarsi sul nuovo nome da imporre al vecchio partito senza affrontare il problema centrale: 1) buttare via i fondi dei magazzino ideologico e offrire roba fresca agli elettori; 2) reclutare una classe dirigente non compromessa con il comunismo e quindi credibile, in grado di predicare bene senza aver razzolato male. La Quercia tuttavia irruppe sulla scena politica spacciandosi per una novità e, sorprendentemente, nessuno le rinfacciò l`imbroglio del mascheramento. Anzi, si registrò un fenomeno straordinario. Il Pds, risparmiato dai mattoni in caduta a Berlino, salvò il capo e i compagni che la logica aveva dato per morituri. Mentre i partiti comunisti di ogni Paese europeo erano morti, Botteghe Oscure si irrobustì sotto mentite spoglie. Solo da noi poteva avvenire un «miracolo» simile. C`è di più. Il Muro piombò sul cranio della Democrazia cristiana, dei socialisti di Craxi, dei socialdemocratici, dei repubblicani e persino dei liberali che ne furono seppelliti. Doveva scomparire il Pci (Pds), viceversa scomparvero gli altri partiti, quelli di governo, e rimasero in piedi la Lega e il Msi. A riflettere viene da ridere: il pentapartito in galera, o a casa, e i comunisti in piazza a rivendicare il diritto a guidare il Paese. Da questo scaturisce la cosiddetta anomalia italiana da cui in seguito ne nasceranno altre, compresa la discesa in campo di Berlusconi, fondatore di un partito che colmava il vuoto creato dal decesso del pentapartito. È vero. La sinistra ha sempre considerato il Pdl una meteora, e forse ancora oggi è persuasa sia una nuvola passeggera. Ed è il motivo per cui non si è mai data da fare per togliere dal proprio zaino un certo comunismo residuale e per riempirlo di contenuti più aderenti alla realtà odierna. Un errore imperdonabile che però non c`entra niente con il Muro di Berlino il cui crollo non ha impedito avari partiti comunisti europei di apparecchiarsi meglio rispetto a quello ereditato da D`Alema e Bersani. La tragedia nazionale è che dalle macerie ideologiche non è nato nulla di originale che fosse una alternativa valida onde competere sul nostro «mercato» elettorale dove il Cavaliere non ha dunque difficoltà a vincere. E quando non ha vinto è stato perché la sinistra, di per sé impresentabile in quanto rinnovata solo esteriormente, aveva chiamato a rappresentarla un vecchio democristiano, Romano Prodi, considerato più affidabile di qualunque leader di estrazione postcomunista. Il socialismo craxiano? Non si è più ricostruito non perché affetto come il Pd da postumi ideologici o da confusione mentale, bensì perché i socialisti hanno trovato un comodo alloggio arredato nel Pdl, garanzia di successo grazie ai voti che Berlusconi (soprattutto lui) è capace di raccogliere. Nel momento in cui la sinistra saprà organizzarsi, al di là dell` antiberlusconismo ossessivo, metterà in vetrina una merce non scaduta o rancida e avrà imparato a intercettare i gusti e le aspettative dei cittadini, allora l`Italia sarà un Paese normale. Campa cavallo.

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