Dal Popolo della Libertà all'"avanti popolo": i fan di Fini sono di sinistra

Occorre al più presto fornire ai finiani uno stock di navigatori. Un sestante, una bussola, qualunque cosa li possa aiutare a capire che stanno facendo un testacoda e nemmeno se ne accorgono. Avranno avuto dei problemi di lateralizzazione da piccoli, ma la verità è che ormai non riconoscono più destra e sinistra. L’ultima prova sul Secolo d’Italia di ieri, dove il quotidiano ex An raccoglieva le lettere del «popolo che sceglie Gianfranco Fini». Peccato che - dato il tono delle missive di stima - si potesse titolare «Avanti popolo che sceglie Fini».
Pare già di sentirli, i finiani. Destra e sinistra, da Gaber in poi, sono categorie stantie, pacchianeri e fuori moda come le buone cose di pessimo gusto che la nonnatiene nel trumeau. Politica vecchia, noi siamo per la modernità, il Fare futuro. Però la realtà è un’altra. Ossia che - su 102 lettere magnificanti Fini pubblicate dal Secolo - ben 30 erano scritte di proprio pugno (chiuso?) da elettori, simpatizzanti, tifosi, ultrà, perfino dirigenti autodefinitisi «di sinistra». Il cerchio è chiuso, il testacoda ideologico servito.
Sarà che - come ironizzava lndro Montanelli - «non c’è alleato più prezioso di un nemico cretino», ma qui sembra che i nemici di ieri abbiano fatto il grande salto e si siano schierati in massa con Gianfranco. Ecco il capolavoro dell’ex leader di An: ha strizzato talmente l’occhiolino a sinistra da averli convinti.
«Non ho mai votato a destra in tutta la mia vita e mai avrei pensato di poterlo fare neanche in mille anni», spiega Elvy, che di Fini adora il coraggio. Perfino Alessandro, «elettore di sinistra da sempre», ricorda con nostalgia gli anni in cui «da giovani ci pigliavamo a mazzate noi comunisti e voi fascisti, ma non avrei mai immaginato che non foste voi il vero nemico». Revisionismo nel giorno della Liberazione, ennesimo paradosso della sinistra finiana. Già, perché a forza di andare contromano, ora si è finiti nel controsenso. Il controsenso di dire «non ho mai provato simpatia per lei, ma mi convince proprio» come Tommaso; il controsenso di Antonio che si firma «uno che vota a sinistra ma ama la destra finiana». Saranno le «esigenze dei tempi», come spiega il Secolo, ma somiglia a una Babele ideologica che si spiega con un unico sogno comune: liberarsi di Silvio Berlusconi.
Ovviamente la mission è segreta, più che impossible. «La stimo, ma non perché sta facendo crollare il governo», si nasconde Stefano, sornione. «La sua iniziativa critica determina travaglio nel suo partito e non potrà che giovare all’intero sistema politico», si scopre invece Domenico. Perché si può ammantare di nobiltà e con un’aura da probiviri il verbo finiano, ma se così tanti elettori di sinistra lo seguono, i motivi sono due: o Fini dice cose di sinistra, o l’appoggio gli viene da chi, per eliminare il Cav, accorda credito pure a un ex Msi.
Insomma, se alla direzione del Pdl Gianfranco contava il 6% di sostegno, sulla bacheca del Secolo il 30% dei suoi amici è di sinistra. Aldilà degli almirantiani delusi, dei nostalgici dell’« anche se tutti, noi no», dei disgustati cronico-cosmici, è questo il bacino a cui Fini si rivolge: a Roberto «politicamente molto lontano dal presidente», a Lucasamor che lo preferisce «agli invertebrati della coalizione che voto da anni», a Maurizio che ha «quasi sempre votato Pd», a Franco «finito a votare Veltroni e simili», a Giuseppe «ragazzo di sinistra che crede che l’Italia abbia bisogno di lui». Basta Ignazio, basta Altero, basta Gianni e Maurizio. Tutti «traditori». Ora il soprafFini parla a te, Ezio, «uomo non di destra» che pensi che «le sue battaglie sono sacrosante».
Sussurra nel tuo orecchio, Silvia68, «elettrice di centro che ha finora scelto il "lato sinistro"» ma ti ringrazia per la «statura politica».Abbracciate, Angelo, «socialista 64enne» che osanna la sua «schiena dritta». Fini ha semplicemente cambiato platea, tutto qui.
D’altronde, i campi ogni tanto vanno lasciati a maggese. Forse perché quegli elettori chiedevano nuovi nutrimenti, forse perché era diventato difficile seminare e impossibile raccogliere, Fini ha cambiato coltivazione. E ora miete «rispetto», «grazie di cuore» e «stima» altrove, nei campi del vicino la cui erba sarà più verde (ma non leghista, per carità). E forse è Marco («elettore del centrosinistra del Sud») a dare la vera lettura: «Se Fini farà un nuovo partito, una grossa fetta dell’elettorato di sinistra lo seguirà. La sinistra non ha leader seri». L’arcano svelato: c’è un esercito di voti che la sinistra per sua incapacità non acchiappa? Basta cambiare diametralmente idea su cittadinanza, giustizia, legge elettorale e presidenzialismo, così da acchiapparli in prima persona. Basta tacciare i vecchi colleghi berlusconiani di essere «vassalli», «cortigiani», «yesmen». Capre, insomma: la «plebe in conto di pecore ezebe», direbbe Arlosto. Voltala carta e viene il nuovo leader in cui credere, pronto a ululare quando si sarà svestito dai
panni dell’agnello. Il bello è che dall’altra parte nessuno scopre il suo gioco. Come dovevano essere i nemici, secondo Montanelli?
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