Dai jeans antistupro alla foto di Gheddafi quando il corpo diventa un manifesto

Dalla Rassegna stampa

 

Camicie, maglioni, magliette, cappelli, blu-jeans, spillette, bracciali, braccialetti, catenine, fazzoletti, fasce nere da lutto al braccio e adesso anche il pedalino turchese. Il tempo degli indumenti parlanti: ditelo con un accessorio, insorgete a colori, indossate il messaggio. Nel pur vasto campionario del politainment o politica dell’intrattenimento, non ci sono precedenti sui calzini azzurri. Senza dubbio li portavano i deputati democristiani: di un celestino pallido e spesso corti al malleolo, indimenticabili rimangono quelli che spuntavano sotto i pantaloni di Franco Evangelisti sui divani di Montecitorio. Ma a quei tempi l’umile pedalino dc non possedeva alcuna consapevolezza: nè politica, né estetica, né segnaletica, né stilistica, né feticistica, né funzionale e neppure testimoniale. Adesso, o meglio da anni, è addirittura invalso l’uso delle mutande, di protesta. Perché il capo di biancheria intima drammatizza e attira l’attenzione. Lo sfoggio inaugurale si deve all’onorevole verde Paolo Cento, er Piotta, ma poco dopo i berlusconiani, cui non difetta il merchandising, lanciarono un modello di boxer che recava la scritta "Io ho pagato le tasse di Prodi". Sono quindi sfilati in mutande, con vari obiettivi e motivazioni, diverse categorie, dai sindaci ai lavoratori precari. La casistica è ampia, ma certo meno di quella che riguarda le t-shirt di reazione, opposizione e disapprovazione - ultimissimo caso quella di colore grigio che riporta la frase con cui Rosy Bindi ha risposto al presidente Berlusconi: "Non sono una donna a sua disposizione". E tuttavia, specie in un’epoca in cui i segni tendono inesorabilmente a confondersi, risulta difficile stabilire un confine netto fra provocazione, rimostranza, tratto distintivo, rivendicazione identitaria. Vedi la rude camicia verde della guardia padana, la civettuola pochette, pure verde, che sporge dal taschino del ministro a Porta a Porta e l’etno-tatuaggio da mostrare a Pontida "La Lega è questione di pelle". L’elemento unificante sembra piuttosto la funzione visiva e la destinazione corporea di tutto questo. Vedi la trovatona del colonnello Gheddafi che arriva a Roma con la foto dell’eroe ribelle e anti-italiano sul petto. E’ che la politica muove ormai dagli effetti, calcola in partenza che i media illustreranno il senso della stella gialla sulla giacca di Pannella o dei jeans "anti-stupro" indossati alla Camera dalla Mussolini; così come toccherà alle telecamere dei talk-show indugiare e mettere in scena l’energia seduttiva e un tantino esibizionistica dell’autoreggente Brambilla. Si tratta di codici spettacolari, come sa meglio di chiunque altro Berlusconi che infatti, con studiato tempismo, si presenta in pubblico con o senza cravatta, con la bandana o con il fazzoletto partigiano, con il colbacco peloso, il berretto da capostazione, il cappuccio da Babbo Natale o il casco da vigile del fuoco. E si potrebbe perfino pensare che la politica si è ridotta a una specie di carnevale fuori stagione; e che il giornalismo, per quel che gli compete, è diventato tutto di colore, andando dietro alle modalità espressive dei protagonisti, magliette, golf, abbigliamenti, atteggiamenti, suggestioni del tutto irrilevanti rispetto ai concreti interessi collettivi. Però la vita pubblica è questa: una scena. E la campagna del calzino azzurro contro il tele-randello Mediaset s’inscrive pienamente all’interno della grande trasformazione che, in estrema sintesi, ha portato la politica dalla parola all’immagine. Il dominio di quest’ultima non è questione che si possa liquidare con un’alzatina di spalle, se non altro perché implica il sopravvento degli indizi sull’analisi, delle forme sul contenuto e un po’ anche delle merci sulle antiche idealità. La sciarpa viola che il Riformista chiede di mettere al collo come prova di solidarietà ai monaci della Birmania. Il braccialetto di gomma bianco che qualche agenzia di comunicazione ha incluso nel pacchetto dell’iniziativa delle Pari Opportunità contro la violenza alle donne. La sciarpa del Dalai Lama o la maglietta di Legambiente per Alemanno. Iniziative veloci per occasioni ed emozioni light. E tuttavia, nel frattempo, il messaggio passa a partire dal corpo dei protagonisti e dei destinatari. Messaggi di opposizione, messaggi di potere, coincidenze, deduzioni, magari anche presagi. Un bel giorno si vedono La Russa e Maroni vestiti da topgun, tutti di arancione, su un aereo da caccia; due giorni dopo si viene a sapere che il governo ha approvato un finanziamento per spedire quattro Tornado operativi in Afghanistan. La protesta del calzino azzurro coincide con il solito show di Berlusconi all’Aquila, a base di coma e risate, ma per la prima volta è attorniato da ragazzi in uniforme: jeans, maglia blu, cappelletto e sciarpa bianca, le milizie dell’allegria. Anche lui ha la sciarpa al collo.

 

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