Da New York si chiede la fine della war on drugs

«Trattare i tossicodipendenti come pazienti e non criminali», perché la, droga è «una questione sanitaria», Serve «un cambio di paradigma, è imperativo cambiare la strategia della war on drugs», poiché «la violenza e il crimine organizzato intorno al traffico di droga, peggiora giorno dopo giorno».Col risultato paradossale che ormai si è arrivati alla «criminalizzazione della, politica.» e alla «politicizzazione del crimine». A dirlo non sono i soliti antiproibizionisti ma la Commissione globale per le politiche sulla droga, composta da importanti personalità del mondo politico e civile internazionale, nel suo rapporto presentato ieri a New York.
Giusto per fare qualche nome, dell'organismo fanno parte l'ex presidente dell'Onu Kofi Annan, il già commissario Ue Javier Solana, l'ex segretario di Stato Usa George P. Schultz, il già presidente della Fed Paul Volcker, il Nobel perla letteratura Vargas Ilos, il già premier greco George Papandreu e quattro ex presidenti: Ernesto Zedillo (Messico), Fernando Cardoso (Brasile), Cesar Gaviria (Colombia) e Ruth Dreifuss (Svizzera).
È l'organismo di più alto livello che si sia mai pronunciato sulla questione droga. Ai governi chiede di «reinquadrare la repressione contro la coltivazione di droghe illecite; cambiare lo status dei tossicodipendenti da acquirenti di droga sul mercato illegale a pazienti che la sanità pubblica deve prendere in carico; decriminalizzare la detenzione a uso personale e il piccolo spaccio; reindirizzare le strategie repressive solo sulla lotta senza, sosta, contro il crimine organizzato» che sta trasformando molti Paesi in "narcoStati". Il tutto attraverso «forme di regolarizzazione e legalizzazione della coltivazione, produzione e distribuzione» delle sostanze visto che «non fanno aumentare il consumo», per «minare il potere delle organizzazioni criminali e salvaguardare la salute e la sicurezza dei cittadini».
Peccato che i governi siano ancora concentrati in «futili strategie di riduzione dei consumi» che «distraggono da investimenti più efficaci ed efficienti». A partire dalla riduzione del danno: stanze del buco, distribuzione di siringhe, somministrazione controllata di eroina ai consumatori cronici. Anche per Carel Edwards, fino al 2010 direttore dell'Unità di coordinamento sulle droghe della Commissione europea, «la repressione non funziona» e l'Europa «si sta, lentamente avviando verso politiche più liberali sulle droghe».
Anche se l'Osservatorio sulle droghe dell'Ue, registra «notevoli disparità nell'accesso all'assistenza in Europa, col trattamento talvolta meno disponibile per chi ne ha maggior bisogno». Il consumo di oppiacei per l'Onu è salito del 35 per cento in 10 anni, raggiungendo quota 17,35 milioni, quello di cocaina del 27 (17 milioni) e di cannabis dell'8,5 per cento (160 milioni). Soltanto in Italia «le narcomafie guadagnano grazie alle droga proibita oltre 20 miliardi di euro, mentre quattro milioni sono i consumatori trasformati in criminali, 250mila gli spacciatori e 28mila i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti», attacca il segretario dei Radicali, Mario Staderini. «Il proibizionismo e la repressione di massa, che non funzionano e non convengono, stanno provocando immensi costi civili, economici e sociali».
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