Da mangiapreti a devoto le giravolte di Francesco

Chi lo definisce il Christian Vieri della politica, uno che cambia casacca a ogni stagione, poco ha capito di Francesco Rutelli. Alzi la mano chi si ricorda quando smise di essere radicale per diventare verde, o quando smise di essere verde per diventare centrista, o quando smise di essere mangiapreti per diventare cattolico. L’evoluzione di Rutelli è un processo talmente complicato che non si esaurisce nell’elencazione: era un ragazzo devoto e divenne laico, frequentò il liceo dai gesuiti e lo concluse in un istituto statale, era con Marco Pannella e già aveva fondato i Verdi arcobaleno ed era entrambe le cose e di colpo era il candidato di tutta la sinistra a sindaco di Roma, e quando smise di essere sindaco era già il candidato dell’Ulivo contro Berlusconi (2001) e subito dopo era già il presidente della Margherita.
Se volete l’elencazione, si può andare avanti per l’intero articolo: ha avuto la tessera dei socialdemocratici, era più per il Psi di Bettino Craxi che per il Pci di Enrico Berlinguer ma fu sindaco su iniziativa del Pds di Achille Occhetto e nell’ostilità dei socialisti di Giorgio Benvenuto, studiò un’alleanza con la Rete di Leoluca Orlando, andò al Parlamento europeo nelle liste dei Democratici, una specie di abbozzo del partito dei sindaci. Il materiale non manca. Nel 1991 era Verde ma aveva la tessera dei radicali eppure disse che non gli interessavano alleanze con Pannella. Era supergarantista con Enzo Tortora e supergiustizialista con Bettino Craxi: «Speriamo di vederlo consumare il rancio nelle patrie galere», per quanto si pentì di una frase così infelice, e per quanto qui la contraddizione non sembri ontologica. Combatteva contro «il Vaticano di Andreotti e Marcinkus» e tredici anni dopo essersi sposato in Comune si risposò in chiesa, e celebrò un mammasantissima della Santa Sede come il cardinale Achille Silvestrini.
Allo stesso modo adesso tutti sanno che lascerà il Partito democratico, che pure fondò, per fondare qualcosa d’altro con Pierferdinando Casini, sebbene nessuno sappia quando e come. Lo farà, dice Bruno Vespa citando rutelliane dichiarazioni limate e stralimate per il nuovo libro in uscita. «Lo farò?», si chiede retoricamente e sfuggente Rutelli. Lo farà, dunque, ma senza strappi, perché i percorsi non hanno per forza inversioni a U. In fondo sono passati secoli da quando Rutelli si fece arrestare a Latina (1981) in una manifestazione per l’obiezione di coscienza contro la leva militare. Secoli, da quando prese parte a una cena al Quirinale, Sandro Pertini presidente, re Juan Carlos ospite d’onore, e tutti si ingozzavano con tortellini in brodo, faraona novella e rombo gratinato, ma lui era in sciopero della fame contro le violenze del carcere e prese un pannelliano cappuccino. Secoli da quando, nominato ministro dell’Ambiente del governo Ciampi, andò a giurare in motorino (incarico che durò un giorno, perché poi Rutelli si dimise in protesta al salvataggio parlamentare di Craxi, era il terribile 1993).
Così, siccome tutto si confonde, uno come Paolo Bonaiuti («in confronto Zelig è un dilettante») e tanti altri scambiano mutamenti di toni per mutamenti d’opinione, ora che Rutelli si dichiara cristianamente sfavorevole all’aborto ma laicamente a favore della legge. E siccome tutto si confonde, anche il suo riformismo viene attribuito ad altri più bravi nelle pubbliche relazioni. Lo sapete che è Rutelli, cronologicamente, il primo avversario del conflitto d’interessi? Giancarlo Perna gli levò la pelle su Epoca e lui sentenziò: «Purtroppo sono già abituato alle diffamazioni di alcuni giornali e giornaletti di Silvio Berlusconi», che non era ancora in politica ma appoggiava Gianfranco Fini in corsa per il Campidoglio. Lo sapete che è Rutelli, con via delle Vittime di Cernobil e via Ollio e Stanlio, il precursore della strada toponomastica al consenso? Lo sapete che è stato Rutelli, con i vari Nanni Moretti, Alba Parietti, Luca Barbarossa, il precursore della strada guitta alla popolarità? Lo sapete che è stato Rutelli il primo a trasferire interi accampamenti di Rom e il primo a cercare il contenimento, diciamo così, del fenomeno dei lavavetri? Lo sapete che fu lui il primo, e non Berlusconi per la marcatura di Zinedine Zidane, a polemizzare con Dino Zoff per la gestione tecnica della Lazio?
Oggi tutti si fissano più volentieri su certe antitesi: «La differenza fra Verdi e cattolici sta soprattutto nella visione dei problemi demografici» (1991); uno degli obiettivi della «mia giunta è la lotta alla denatalità» (1994). In tempi non sospetti, il più saggio fu proprio Pannella: «Solamente il tempo ci dirà se abbia abbandonato la schiera di coloro per i quali “Parigi non vale una messa” o se invece viva una nuova, autentica religiosità». Vale per la religione, vale per tutto il resto. Sarà bello vedere come va a finire.
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