Da chirurgo a politico distruggerà emergency

Dalla Rassegna stampa

 

Gino Strada è un tipo ruvido, naturalmente antipatico e costante per quel suo modo di affettare il mondo come una mela. Da una parte i buoni, i "resistenti", come lui li chiama; dall’altra i cattivi, gli occupanti yankee, cow-boys nervosi e dal grilletto facile. Da chirurgo, manovra con precisione e a fin di bene l’affilatissimo bisturi; da politico e arruffapopoli allinea alla grossa sulla sua lavagnetta i nomi dei nemici. Con un furore ideologico che spesso gli ritorna indietro come un boomerang. Come in questo tragico pasticcio afghano: tre suoi operatori arrestati mentre si preparavano a uccidere il governatore di Helmand. Accusa, diciamolo, che ha tutta l’aria di essere una montatura araba, congegnata per chissà quali torbidi obiettivi. Fino alla grottesca confessione di colpevolezza rilanciata dal Sunday Times di Londra e poi smentita anche dalle stesse fonti della polizia afghana. l tre italiani probabilmente niente hanno a che spartire con i piani assassini dei talebani: sono innanzitutto volontari che sono in Afghanistan per curare corpi dilaniati dalle mine e riaggiustare arti di bambini straziati dalle schegge delle bombe. Piovute dal cielo o lanciate dalle cinture esplosive dei kamikaze. Il portavoce del ministero dell’Interno di Kabul ha già modificato la sua posizione, smentendo di aver mai accusato i tre di aver nascosto armi e granate nell’ospedale di Lashkar Gah. Meno male.

Oscura partita
Collateral damages: danni collaterali, cioè lo strazio delle vittime civili: questa è la specialità del dottor Strada e della sua Emergency. Complici dei guerriglieri? Pure questa tesi appare fragile, poco credibile e finalizzata ad altri scopi (quelli di espellere Emergency dal Paese) in una terra dove, come racconta il bravo reporter indipendente Fausto Biloslavo, anche per i militari dell’Isaf, la coalizione della Nato, è indispensabile scendere a patti coi talebani. Del resto, lo stesso governo italiano è stato qualche tempo fa accusato dagli inglesi di avere canali segreti con i combattenti di Al Qaeda, grazie ai quali trattò il rilascio di diversi ostaggi rapiti in Iraq e Afghanistan.
Come il giornalista Daniele Mastrogiacomo per la cui liberazione Gino Strada si spese forse più del necessario, fino a porre inaccettabili condizioni alla Farnesina e al governo di Kabul. Il sospetto è che dietro l’arresto dei tre volontari di Emergency si stia giocando un’intricata quanto oscura partita tra servizi del nostro governo, Kabul e l’intelligence inglese e americana, con sospetti mai sopiti e desideri di rivalsa su un’organizzazione che al prezioso lavoro umanitario ha tuttavia sempre mischiato la denuncia politica e la scelta di stare sempre con una sola delle parti in conflitto. Questa è obiettivamente la colpa di Emergency, responsabilità che ricade tutta sul suo fondatore Gino Strada il quale non ha mai risparmiato alla coalizione militare le accuse più infamanti. Chirurgo e agit prop, Strada pur non disdegnando aiuti e denaro dal governo e dalle pubbliche istituzioni, non perde occasione per attaccare le missioni di pace italiane accusate di inesistenti violenze e illecita occupazione. Così il dottore finisce per comportarsi da fiancheggiatore ideologico di terroristi in nome di una discutibile morale double-face.
La condanna della sporca guerra delle multinazionali del petrolio, ad esempio, non impedisce a Emergency di accettare pingui finanziamenti da parte uno dei maggiori società petrolifere italiane: il gruppo Moratti, grande sponsor del chirurgo. Anche sul dramma dei volontari arrestati, Gino Strada ripete lo stesso errore di presunzione politica e falso ideologico quando indica in Kamid Kharzai e nei Paesi occidentali che lo sostengono responsabili e mandanti. Schierando così pesantemente tutta l’organizzazione ed esponendola a rappresaglie e gravi rischi. Emergency dovrebbe essere protetta innanzitutto proprio dal suo fondatore e dai suoi incauti j’accuse a senso unico.

Volontari silenziosi
Oggi la solidarietà internazionale fiorisce in luoghi e con i mezzi più impensati: uno di questi sono certamente i bisturi di Emergency. Ma non solo. Dalle macerie Haiti ai medici dell’Uganda, dalle favelas del Brasile alle scuole per gli ex bimbi soldato del Rwanda: sono decine le organizzazioni italiane che lavorano per restituire futuro e speranza a chi non ne ha più. Ospedali, ambulatori, migliaia di interventi chirurgici, decine di migliaia di pazienti assistiti e strappati alla morte. Volontari che arrivano quando tutti scappano, quando la guerra uccide nella sua lucida follia o la natura rovescia la sua violenza. Giovani e famiglie dediti alla gratuità, senza il clamore dei giusti e la pretesa di salvare il mondo. In quei luoghi dimenticati costruiscono l’umanità possibile del futuro, nell’intimità con l’umano offeso, sorreggendone il lancinante bisogno di felicità. E non chiedono di essere considerati i migliori. Come invece pretende troppe volte Gino Strada.

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