Da Amato uno schiaffo alla politica di Bersani

Dalla Rassegna stampa

Scendono in campo i riservisti, esattamente come capita (capitava: oggi si premono i bottoni, non si mettono in campo le truppe)quando la situazione sul campo di battaglia diventa precaria. Giuliano Amato è una riserva da moltianni (una risorsa, direbbero quelli che si nutrono di politically correct): sottosegretario allapresidenza nei governi Craxi, presidente del Consiglio nel 1992-1993 (all'epoca di Tangentopoli) edi nuovo capo del governo nell'ultima fase della tredicesima legislatura (2000-2001). In una lungaintervista (al Messaggero) si è rifiutato di prendere in esame un cambio della guardia a PalazzoChigi o l'ipotesi di un ricorso immediato alle urne: «Non vedo scenari politici diversi: oggi bisognaconfidare nel governo che c'è e nella sua capacità di convertire misure difficili in tempi rapidi».Secondo Amato il confronto con le parti sociali (che ieri ha registrato il secondo appuntamento)deve durare poche settimane e condurre all'adozione di «misure condivise» entro settembre, «comei nostri lord protettori ci hanno chiesto». Nessuno scandalo, dunque, riguardo alle pressioni dellaBce (con l'avallo di Merkel e Sarkozy), ma anzi una rivendicazione di merito nel sapersi adeguare:«Io lo feci». Uno schiaffo alla linea del Pd che continua a denunciare (con palese disgusto) il «commissariamento» del governo italiano, e a subordinare ogni forma di dialogo all'uscita di scena di Berlusconi. Un atteggiamento ribadito nelle ultime battute dell'intervista: «Bisogna rendersi conto che nel momento in cui siamo è meglio condividere responsabilità sulle cose da fare piuttosto che ridiscutere gli assetti». Ci sono, a sinistra, persone responsabili che parlano lo stesso linguaggio. Il giuslavorista Pietro Ichino, senatore del Pd, si è dichiarato d'accordo con il ministro Sacconi riguardo all'esigenza di riformare le regole del mercato del lavoro (persino riguardo al «famigerato» articolo 18), sia pure suggerendo di ripartire da una proposta presentata due anni fa da 55 senatori del suo partito e dai radicali (disegno di legge n. 1873). È evidente che, in un momento delicato come l'attuale, il problema non è stabilire chi vanta una primogenitura su un punto centrale del pacchetto di norme da approvare per anticipare i tempi del risanamento del bilancio (e per mettere l'Italia al passo con le legislazioni vigenti negli altri paesi e con le indicazioni dei «lord protettori»). Il problema è, casomai, che l'opposizione farà quadrato per difendere certi tabù («no al massacro sociale», ripete Bersani), appoggiata da una fetta consistente del sindacato che non ne vuol sapere di modernizzare l'Italia.

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