I cristiani perseguitati "dimenticati da tutti"

Il numero dei cristiani in Iraq è precipitato da un milione e trecentomila unità, il dato precedente alla guerra lanciata dagli americani nel 2003, agli attuali 400 mila circa». A stimare la cifra che da sola racconta il tragico destino dei cristiani iracheni, è un esponente importante del Partito Cristiano, che sta partecipando attivamente alla vita politica del paese. È per questo suo ruolo che non vuol rivelare il suo nome: in compenso, promette di essere franco. «È in corso un esodo - spiega - molti cristiani sono scappati dalle città del centro e del Sud del Paese, per trovare rifugio nei villaggi protetti dalle montagne del Nord. Anche lì, però, non sono ancora al sicuro».
La tradizione vuole che sia stato l’apostolo Tommaso a portare il cristianesimo nell’attuale Iraq. Oggi i gruppi più numerosi di fedeli sono a Baghdad e nelle città nel Nord: Kirkuk, Irbil e Mosul, l'antica Ninive, ma la comunità si sta assottigliando presa nella morsa delle violenze di sciiti, sunniti e curdi.
L’esponente politico, cinquant’anni passati, è disperato. Non lo rallegra neppure la notizia della liberazione di Mahasan Bashir, un medico cristiano specializzato in ginecologia. Era stato rapito a Bartala, una località popolata da molti cristiani che si trova 27 chilometri ad Est di Mosul. Il dottore rapito è stato ritrovato in pessime condizioni, a 30 km a Nord della stessa Mosul.
«La sua bocca era tappata – continua il politico - le sue mani legate. La responsabilità è dei curdi. Noi cristiani siamo chiamati a essere parte integrante della comunità alla quale apparteniamo. Eppure nel Nord i curdi cercano di inglobarci nella loro regione autonoma, mentre nel centro gli sciiti vogliono costringerci ad abbandonare la nostra fede. Ma noi non cediamo: essere minacciati di morte non fa piacere a nessuno, ma siamo disposti a subire queste minacce pur di difendere la nostra identità religiosa».
«In particolare - prosegue – questi episodi si verificano nelle maggiori città cristiane della provincia di Ninive che all’epoca di Saddam Hussein era stata ribattezzata Al-Hamdania. E questo solo per suggerire che noi, i cristiani, eravamo comunque parte delle ben conosciute tribù arabe di Al-Hamdania, che vissero in queste zone durante l’Era degli Abbasidi». Non è solo il passato a preoccuparlo: «Fra i cristiani ci sono quasi tremila laureati, e circa 300-400 persone che hanno frequentato anche un master o un dottorato. Eppure, nelle scuole irachene, sono stati nominati appena tre insegnanti cristiani di fronte a un migliaio e mezzo di docenti musulmani. Questo dimostra che c’è una precisa volontà che mira alla nostra esclusione».
Dice il Metropolita Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del patriarcato caldeo di Baghdad: «I cristiani in Iraq sono diventati vittime di un piano internazionale, al quale partecipano vari gruppi sia locali che regionali. L’obiettivo di questo piano è quello di cacciare tutti i cristiani dal Medio Oriente. A causa delle oppressioni che subiamo in varie zone dell’Iraq, il numero di cristiani che fugge, abbandonando soldi, proprietà, fabbriche e ricordi, è cresciuto in modo esponenziale».
«Spesso questi fuggitivi - prosegue il vescovo - diventano vittime della malavita, del traffico delle donne. E in questo loro pellegrinaggio forzato sono costretti a cercare un nuovo Paese in cui vivere. Le reti della malavita internazionale si finanziano con la sofferenza dei cristiani che scappano dall’Iraq».
Rajà Poles, casalinga di 75 anni, racconta le sue angosce quotidiane: «La guerriglia ha ammazzato 16 cristiani e ha completamente distrutto alcune strade di Mosul che erano sotto il controllo dei curdi. La guerra psicologica è cominciata con brevi telefonate minacciose, ma ha avuto come effetto che nel giro di poche ore un migliaio e mezzo di famiglie hanno abbandonato la città. A quel punto i curdi ci hanno chiesto in modo chiaro e diretto di aiutarli affinché il Kurdistan potesse beneficiare dei certificati di possesso abbandonati da chi era fuggito».
Operazioni come queste sono accadute anche a Baghdad: quando una famiglia cristiana andava a lamentarsi dalla polizia, subito dopo riceveva le minacce di una gang criminale che la costringeva a scappare. «Non abbiamo un esercito, non abbiamo una legge che ci protegge. Inoltre i nostri figli non possono arruolarsi né nell’esercito né nella polizia – spiega Saleem Harba, parroco di una chiesa del centro di Baghdad -. Noi siamo le vere vittime della politica internazionale in Iraq e nessuno ci protegge».
Aggiunge: «Oltre venti cristiani sono stati imprigionati dalla Forze americane come terroristi solo perché erano tenuti in ostaggio proprio da un gruppo terrorista. E poi, sotto tortura, hanno confessato crimini che non avevano mai commesso. I cristiani sono in realtà inoffensivi, non abbiano mai commesso alcuna azione armata. Il problema è che questo non lo sa nessuno, neppure la Croce Rossa Internazionale».
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