La crisi di metà legislatura del Cavaliere

Le maggioranze di governo arrivate a quell'appuntamento non hanno più il vento in poppa, per vari motivi. O continuano ad andare avanti, cambiando passo, oppure, si autoaffondano, anticipando le elezioni; di certo non possono andare avanti, tirando a campare. E' il caso il governo Berlusconi, il quale si trova di fronte a questa situazione, aggravata, peraltro, dagli incombenti processi a carico del Presidente del consiglio. Dopo aver preso l'abbrivio riformista all'inizio di legislatura, in questi ultimi mesi, si è arenato per lo scontro apertosi nel Pdl, i cui esiti sono incerti. In special modo, la giustizia giocherà una partita decisiva per il proseguimento del governo.
Berlusconi fece credere agli italiani, che gli avevano dato una larga e coesa maggioranza senza precedenti, che il Paese Italia avrebbe cambiato pelle, ma strada facendo è venuta meno, come detto, la spinta riformista. Sulla "monnezza" napoletana e sulla ricostruzione post terremoto dell'Aquila fece vedere quanto il governo del fare era all'altezza di qualsiasi emergenza.
Non è tutto. Di fronte a una crisi finanziaria internazionale, il governo, grazie al Ministro dell'economia, Giulio Tremonti, seppe evitare sia il crollo delle banche, così come era successo in alcuni paesi Ue e il nascere di sommovimenti sociali che avrebbero messo a rischio la tenuta democratica dei Paese. L'Italia, per sua fortuna, ha gestito i singoli casi di crisi, con le cure economico-sociale efficaci, mese in campo dal governo, allontanando così lo spettro ellenico. Ma anche ha allontanato i fantasmi degli anni di piombo che hanno lasciato dietro una lunga scia di sangue. Sebbene ci sia qualcuno, Giampaolo Pansa, che evochi quel periodo drammatico della storia d'Italia. Fino a Onna, 25 aprile 2009, quando affermò che bisognava rispettare l'avversario, senza faziosità, tutto andò alla grande e Berlusconi stava sulla cresta dell'onda.
Dopodiché, entrò, per motivi prettamente personali, in un ginepraio di "scandali rosa", le cui protagoniste furono le donne, i cui effetti sono stati devastanti per la sua immagine. Nonostante ciò, la coalizione di governo vinse le elezioni regionali, che, per la verità, furono teatro di fatti e fattacci : la mancata presentazione della lista romana del Pdl nelle regionali del Lazio e le "firme false" della lista del Pdl in Lombardia, scoperte dal Radicale Marco Cappato.
Entrambi i casi dimostrano un Pdl costruito sulla sabbia e, per giunta, litigioso, per via delle sue correnti interne camuffate dalle varie Fondazioni. Intanto, lo scontro tra Berlusconi e Fini, che era sotto la cenere, esplose, prendendo una piega tale che portò alla scissione prima e alla costituzione del movimento finiano di Futuro e libertà poi. Tra i due non c'è mai stato un feeling, ma solo un rapporto di convenienza politica. Sotto questo aspetto, il Presidente della camera ne ha fatto buon uso, altrimenti sarebbe rimasto ai margini della vita politica. A dire il vero, Fini ha tentato in mille modi di non farsi soggiogare da Berlusconi, ma non ci è mai riuscito.
Perfino presentando alle elezioni europee del 1999, in aperta competizione con Forza Italia, la lista dell'Elefantino con Mario Segni, ma fu un sonoro flop. Una storia che entrambi avrebbero potuto evitare di scrivere, visto che nessuno dei due è uscito vincitore. Adesso Berlusconi ;se la prende con lo stato maggiore che ha in mano le redini del Pdl, responsabile della perdita di consensi, salvando il governo di cui è il gran timoniere. Vero è che il gruppo dirigente ha dato prova di non essere sempre in grado di gestire un partito complesso come il Pdl, ma è vero anche che Berlusconi ha fatto errori grammaticali e di sintassi politici in Italia e all'estero, lasciandosi andare in barzellette che avrebbe potuto tenerle per sé e in battute fuori luogo sulla abbronzatura della famiglia Obama.
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