Craxi non può più aiutarlo

Mentre scorrono nella mente le immagini dalla Calabria sulle inevitabili conseguenze di ciò che può accadere quando i popoli dimenticano la propria storia e finiscono per infliggerla agli altri, preferiamo non affrontare la vicenda per carità di patria. Per non offendere, esagerare e sbagliare. Troppa la rabbia nel ricordo di chi ha sputato sangue nelle miniere di mezzo mondo fino a morirne. Sputano sangue “altri” uomini ora, ma hanno la stessa faccia nera. Se anche questo è un uomo, lasciato vivere come fosse una bestia, da portare magari al pascolo nei campi quando serve, come accadeva ai bisnonni. Vergogna Calabria, vergogna Italia!
Affrontiamo il caso Bettino Craxi invece. È fin troppo facile capire che il decimo anniversario dalla morte dello statista socialista, avvenuta da latitante in Tunisia, cade proprio nei tempi adatti per chi vuol lanciare precisi messaggi agli italiani: celebrate Craxi, magari imponendo il suo nome ad una via di Milano, perché riuscendo a resuscitare l’onore politico di Bettino, allora anche altri... Fissare nella testa degli italiani più riluttanti l’inequivocabile importanza di Craxi nella storia della repubblica d’Italia, così anche coloro che oggi pretendono di essere considerati già dei grandi statisti, senza aver fatto nulla per meritarselo, possono nutrire speranze di essere presi sul serio nonostante certi gravi problemi con la giustizia.
Craxi è stato statista perché ha condizionato la storia del suo Paese riuscendone a preservare, spesso, gli interessi. Pensiamo alla netta scelta di campo pro occidentale col Psi e la coraggiosa decisione strategica di rispondere all’appello degli Usa e la Nato di accettare i Cruise in Sicilia per rispondere allo spiegamento degli SS20 sovietici. Volendo anche nelle vicende più controverse, come il caso Sigonella e la fuga accordata alla leadership dei terroristi palestinesi, col senno di allora può essere vista in altra luce: l’Italia vaso di coccio in mezzo al Mediterraneo, nelle schermaglie dei vari gruppi terroristici mediorientali, ancora ben protetti dal blocco sovietico, come avrebbe avuto la forza di difendersi dal terrore? E poi Craxi che non lascia l’Italia indietro nella competizione economica sacrificando, con coraggio, la scala mobile.
Ma l’azione dello statista Craxi, non annulla il conto in rosso con la giustizia. Craxi muore da latitante perché chi lo processa riuscì a provarne i reati: la capacità delle grandi intuizioni politiche a questo punto non contano più. Se la volontà dell’arricchimento per se e per i propri fedelissimi ti fa rubare, da quel momento sarai stato pure uno statista, ma resterai anche un ladro. L’uno non potrà cancellare mai l’altro e viceversa.
Richard Nixon, che riconobbe per primo la Cina e trovò la strada fuori dal pantano del Viet Nam, ancora resta per gli americani un “crook”, un imbroglione. Quando si dimise non fu processato non perché fuggì all’estero, ma perché fu perdonato dal successore Ford. Ma pur non morendo da “latitante”, nell’immaginario americano con Nixon resta indelebile la macchia della sua disonestà.
Chi adesso in Italia pretende che si “riabiliti” Craxi, non vuol far dimenticare le sue condanne, anzi. Il messaggio è: se queste non gli impediscono di essere stato un grande statista e di aver servito gli interessi dell’Italia, allora... È forse questa la forte spinta dietro “al culto” resuscitato nei confronti del leader socialista? Se lui oggi può essere venerato come statista anche da latitante morto, allora anche chi è vivo, seppur condannato, potrà continuare a cercare di diventarlo statista... Al momento delle condanne Craxi lo era già, lo divenne statista quando all’apice del potere ne ebbe il tempo prima di essere affondato dalla giustizia. La situazione del presidente del Consiglio Berlusconi, grande amico in affari di Craxi, ci appare ben diversa.
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