La Costa D'Avorio cerca la sua "onda": stop al genocidio

In Costa d'Avorio è genocidio continuo. Ex colonia francese (ha ottenuto l'indipendenza nel 1960), tra i paesi più poveri del mondo, con un quarto della popolazione che vive con meno di un euro al giorno, nonostante la presenza di circa diecimila caschi blu delle Nazioni Unite, resta teatro di una spaventosa guerra civile tra i sostenitori del presidente uscente. Laurent Gbagbo, e quelli del leader dell'opposizione Alassane Ouattara. Entrambi si dichiarano vincitori delle elezioni dello scorso anno dopo che per ben sei volte erano state rinviate. Le prime elezioni democratiche dopo cinquant'anni, che dovevano contribuire a riunificare il paese, hanno in realtà prodotto due presidenti, ognuno dei quali con un proprio governo e con propri ambasciatori. I due rivali riflettono divisioni etniche, e non solo.
Gbagbo, sessantacinque anni, è un cristiano del Sud; Ouattara, sessantotto anni, proviene dal Nord musulmano, controllato sin dal 2002 dai ribelli delle Forze Nuove. Gbagho ha annullato i risultati di otto dipartimenti elettorali (seicentomila voti) e, abbarbicato in una stanza dell'Hotel du Golfe ad Abidjan, non ne vuole sapere di lasciare il potere. La crisi politica ha gettato nel caos un paese già provato da una guerra civile che lo ha spaccato in un Nord a maggioranza musulmana e in un Sud cristiano e filogovernativo. Oltre un milione di persone sono in fuga dalla capitale amministrativa Abidjan, dove sono gli uffici governativi e le ambasciate straniere (la capitale ufficiale è Yamoussoukro).Gli scontri armati dilagano. Le associazioni non governative hanno dichiarato lo stato d'emergenza. Medici Senza Frontiere ha lanciato un appello all'Onu, denunciando il deterioramento della situazione nell'ovest del Paese: «La popolazione sfugge dalle violenze e il personale medico abbandona le strutture sanitarie» Nelle zone di Dukouè, Nimba, Bahn sono già stati registrati più di centomila bisognosi in fuga dalle faide, mentre negli ultimi mesi quasi cinquantamila persone hanno superato il confine per raggiungere la limitrofa Liberia, assolutamente impreparata ad accogliere una massa umana di tale portata. In Liberia è viva la preoccupazione per il crescente numero di sfollati. L'Unhcr, l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati, ha registrato ben 62.099 nuovi arrivi dal 24 febbraio. Esistono già diversi campi nei quali però si fatica a contenere l'affluenza dei rifugiati. Secondo Cissé Seydou, rappresentante in Italia del Rassemblement des Republicans, il partito di Alassane Ouattara, Gbagbo ha corrotto ufficiali delle Forze armate, ha pagato , fior fiore di milioni a mercenari di altri Paesi africani, ha deciso di innescare una guerra etnica o di religione per creare e incrementare il caos necessario per restare al potere. Il sistema di sanzioni della comunità internazionale gli sta certamente creando seri problemi. Il cacao (di cui la Costa d'Avorio è il maggior produttore al mondo) non si può più esportare, i conti sono bloccati, non c'è più neanche emissione di moneta, le navi straniere non possono più entrare nei porti ivoriani. E tra un po' non ci saranno più cibo né medicine. Si può supporre che scoppi una rivolta popolare o che i militari, quando non potranno più essere pagati, abbandoneranno il dittatore. Nel frattempo, però, la gente continua a morire...
«Alla comunità internazionale - afferma Cissé Seydou - chiediamo di intervenire per evitare che in Africa avvenga un altro genocidio, dopo quello del Ruanda del 1994. La Francia, ex potenza coloniale, dovrebbe proporre all'Onu una risoluzione per mandare una forza militare in Costa d'Avorio. Lo ha fatto con la Libia, può farlo anche con la Costa d'Avorio». Come venirne fuori? Con un altro conflitto internazionale che segnerebbe l'ennesima sconfitta delle diplomazie e porrebbe, ancora una volta, con urgenza la questione del superamento dell'Onu con un organismo che abbia a livello mondiale maggiore capacità di persuasione? Certo è che in Costa d'Avorio la situazione è tragica e l'umanità non può permettersi di tollerare altre mattanze.
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