Cosentino, no all'arresto e alle dimissioni

Dalla Rassegna stampa

 

La giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dice no alla richiesta di arresto avanzata per il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino dalla procura napoletana con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’esito per il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, «non è affatto una sconfitta» e, soprattutto, «non è un blocco alle indagini che su Cosentino continuano». Ma per il sottosegretario la decisione della giunta e importante, anche perché nella stessa giornata al Senato la maggioranza compatta respinge le mozioni presentate per sollecitare le dimissioni dal governo (Pd) e per avviare le procedure di revoca della nomina a sottosegretario (Idv). Giunge dunque a metà percorso il caso parlamentare, al quale mancano ora gli ultimi due nodi, entrambi in programma a Montecitorio: tra un paio di settimane, dopo la giunta, anche l’aula dovrà esprimersi sulla richiesta d’arresto; intanto, resterà da discutere emettere ai voti la mozione di sfiducia al sottosegretario avanzata dall’Udc. Dal canto suo, la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera - dopo la relazione in cui Nino Lo Presti (Pdl) parla di «fumus persecutionis», così come Cosentino aveva fatto nel corso dell’audizione - boccia la richiesta di arresto con il voto di 11 deputati (a quelli del Pdl si è aggiunto Domenico Zinzi, dell’Udc), in 6 si esprimono a favore del provvedimento giudiziario, mentre il radicale Maurizio Turco si astiene per «motivi tecnici»: spiega di essere contrario all’arresto, ma per ragioni diverse da quelle della maggioranza. L’astensione gli consentirà di poter svolgere in aula una relazione di minoranza per spiegare la propria posizione. A votare per l’arresto c’è anche il presidente della giunta, il deputato pd Pierluigi Castagnetti, che al termine spiegherà: «Emergono elementi di gravità e di solidità degli indizi di colpevolezza a carico di Cosentino» ,e in questo caso «c’è l’obbligo del provvedimento restrittivo, trattandosi di 416 bis». Dura la reazione delle opposizioni. Il capogruppo del Pd in giunta Marilena Samperi afferma che i gravi elementi circostanziati e riscontrati nell’ordinanza del Tribunale di Napoli «escludono il fumus persecutionis». Mentre il leader di Idv Antonio Di Pietro tuona: «È una vergogna per tutti i cittadini italiani. Oggi abbiamo assistito all’ennesima pagina buia della nostra democrazia: la casta si è nuovamente autoassolta». Nel pomeriggio poi la discussione e il voto sulle due mozioni di sfiducia. Quella .del Pd ottiene 116 voti a favore, 165 contrari e 2 astenuti. Quella dell’Idv invece incassa 95 voti a favore, 170 contrari e 17 astenuti. Non partecipano alla votazione i due senatori radicali Donatella Poretti e Marco Perduca e il senatore del Pd, Pietro Marcenaro. A illustrare la posizione del Pdl è il vice-capogruppo Gaetano Quaglianello: «Non ci piegheremo al tentativo di trasformare l’Italia nella Repubblica dei pentiti». E conclude: «Ci siamo battuti perché non fosse l’iniziativa di qualche magistrato politicizzato a sovvertire la volontà dei popolo sovrano; a maggior ragione impediremo che a stabilire chi abbia titolo e chi no a far parte del governo del nostro Paese siano le parole di un pentito, magari pure cocainomane o psichicamente infermo». Mentre il capogruppo Maurizio Gasparri taglia corto: «C’è chi sceglie Spatuzza e Abu Omar, noi scegliamo la legalità repubblicana e per questo votiamo no alle vostre mozioni». Dal Pd Luigi Zanda chiede un voto per «dimostrare senso di responsabilità nei confronti delle istituzioni» e il capogruppo Anna Finocchiaro invoca le dimissioni per «opportunità politica». Dall’Idv Leoluca Orlando commenta: «Dagli atti risulta che Cosentino era il Vito Ciancimino dei Casalesi».

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