Cosentino e Dell'Utri in carcere Ma per denunciare l'emergenza

Dalla Rassegna stampa

 

Le vie della coscienza conoscono strade infinite e percorsi imperscrutabili. Di fronte ai quali possiamo solo fermarci e osservare. Magari stupirci, mai dare giudizi. Capita così di osservare che, in occasione della tradizionale visita di mezza estate nelle carceri italiane organizzata dai Radicali, nella lunga lista di 195 tra deputati senatori e consiglieri regionali che dedicano alcuni giorni delle loro vacanze a toccare con mano il disastro umano e civile dei nostri penitenziari compaiono anche i nomi dell'onorevole, ex sottosegretario, Nicola Cosentino. E del senatore Marcello Dell'Utri.
Sul primo, costretto alle dimissioni da sottosegretario all'Economia per via dell'inchiesta sulla P3 in cui è indagato, pende una richiesta di arresto per concorso esterno in associazione mafiosa che è stata respinta a novembre scorso dalla Camera dei Deputati. Il secondo è stato destinatario poco più di un mese fa di una condanna in secondo grado a 7 anni per lo stesso reato, concorso esterno in associazione mafiosa. Bene. Sia Cosentino che Dell'Utri hanno deciso di voler aderire all'iniziativa Radicale. Il primo andrà a Secondigliano, il secondo a Como. È la prima volta, per entrambi. Si vede che il disastro in cui sono costretti a vivere i 68 mila detenuti - ventimila in più rispetto alla capienza - è tale per cui anche i più, finora, distratti rispetto all'argomento, si sono messi una mano sulla coscienza e hanno deciso di andare a vedere. Almeno per capire cosa si può fare per restituire un po' dignità a chi, pur avendo sbagliato, non può certo vivere come bestie.
Il livello di civiltà di un paese si misura anche dal livello di civiltà dei suoi penitanziari: se è vero questo, l'Italia è un paese incivile. Fuori dalla Costituzione laddove la Carta recita che la pena serve a rieducare e a recuperare. I Radicali lo sanno, è un tema che vanno denunciando da sempre e in questi ultimi due anni sempre di più anche in Parlamento perché i numeri, oramai, raccontano di un sistema, quello carcerario ben oltre il collasso e che solo per un miracolo, dei detenuti e degli agenti penitenziari, non è ancora sfociato in una rivolta che ogni giorno manda segnali: piccole rivolte, incidenti, agenti feriti e aggrediti. Un numero, più di tutti: 41 i detenuti suicidi (35 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause da accertare arriva a 113. Negli ultimi 10 anni i "morti di carcere" sono stati 1.711, di cui 597 per suicidio. Nei 206 istituti di pena italiani sono previsti 44.576 posti ma ci vivono reclusi in 68.121 di cui 24.667 stranieri. Negli ultimi due anni sono stati presentati vari piani straordinari ma nessuno è andato a buon fine. Otto mesi fa è stato dichiarato lo stato di emergenza.

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