Per Cosentino dalla Camera nè sfiducia nè autorizzazione all'arresto

Il caso di Nicola Cosentino è chiuso. Anzi, forse non c`è mai stato. Almeno a giudicare dai numeri che hanno accompagnato le due annunciate bocciature all`autorizzazione all`arresto e alla sfiducia del sottosegretario all`Economia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma, per dirla con Di Pietro, l`aula di Montecitorio non ha avuto "senso di responsabilità, senso del limite: come il governo, non solo non gli dà l`autorizzazione all`arresto - ecco le parole di fuoco dell`ex pm - ma gli permette di rimanere sottosegretario con delega al Cipe e di diventare governatore di quel territorio dove in via perdurante, secondo l`accusa, sta svolgendo l`attività mafiosa". Eppure è stato un plebiscito. Persino maggiore di quello che anche i più ottimisti tra gli uomini Pdl avevano pronosticato come auspicabile. Neppure quella pattuglia di undici finiani che, si diceva, erano pronti al voto contrario di testimonianza si sono, alla fine, manifestati. Contro l`arresto hanno votato 360 si e 226 no. Compatto, invece, il voto di Pd e Idv per l`arresto. I dipietristi presenti al voto erano 21, che sommati ai 195 del Pd (cioè 200 meno i cinque radicali - Marco Beltrandi era assente - che hanno votato con la maggioranza), fanno 216 voti sui 226 favorevoli all`arresto. I dieci voti di scarto potrebbero essere arrivati dall`Udc (presente con 31 deputati). Granitica, come si diceva, la maggioranza: 253 i partecipanti al voto del Pdl, 56 della Lega che sommati fanno 309 voti sui 360 contrari all`arresto di Cosentino. Cinquantuno voti di scarto che potrebbero essere arrivati da parte dell`Udc, dalla pattuglia radicale, dai 25 presenti gruppo misto. Stessa musica sul secondo voto; su tutte e tre le mozioni Pdl e Lega hanno votato contro. L`unico che ha mantenuto il punto è stato il finiano Fabio Granata che si è sempre astenuto: la sua lucina bianca era l`unica accesa tra tutte quelle rosse dei colleghi del Pdl. E pareva proprio un lumino cimiteriale. Da Napoli, i magistrati hanno fatto sapere che le indagini proseguiranno: il rischio è che si trovino con le mani legate anche qualora Cosentino dovesse essere eletto presidente della Regione. Una beffa seria. Ma l`aula di Montecitorio ieri è stata anche teatro di un piccolo ma significativo episodio che ha sancito, di fatto, il cambiamento di marcia per le nuove alleanze all`ombra del tramonto del Cavaliere. Pier Ferdinando Casini aveva appena fatto un accenno alla "morte" della Prima Repubblica, quando Fini ha preso dal suo banco un foglio di carta intestata "presidente della Camera dei deputati" e ci ha scritto solo due parole: "Veramente bravo". Dopodiché, lo ha chiuso in una busta e lo ha inviato a Casini con un commesso. Una rapida lettura, poi tra i due saluto con la mano. Una fotografia destinata a far parlare di sé a lungo nei prossimi mesi a testimonianza dell`esistenza di un asse tra Casini e Fini che viaggerebbe su due binari distinti ma destinati, alla fine, a convergere in un progetto politico che attirerebbe i moderati del Pd e del Pdl, oggi scontenti delle rispettive leadership. Ma per arrivare a questo è necessario un passaggio istituzionale, quello di un governo tecnico o di garanzia che cambi l`attuale legge elettorale. Napolitano non potrebbe che essere d`accordo. Quell`occhiata d`intesa e il saluto con la mano tra i due sono stati riportati immediatamente alle orecchie del Cavaliere che, a quel punto, ha capito di essere rimasto davvero solo. Anche per questo vuole andare all`affondo finale.
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