Cosentino, la Camera lo salva con due no

Ora l´interrogatorio dei giudici può attendere. Nicola Cosentino dice che deve studiare bene i faldoni che lo accusano di collusione con la camorra, e poi risponderà. Non c´è fretta. Nell´aula della Camera la maggioranza ha salvato ieri due volte il sottosegretario all´Economia: dall´arresto, chiesto dalla Procura di Napoli; dalle dimissioni dall´incarico di governo, sollecitate da tre mozioni di sfiducia di Pd, Idv e Udc.
Improvvisa una conferenza stampa nel cortile di Montecitorio, Cosentino. Scherza: «Cosa ho fatto alla vigilia di questo voto? Ho scelto gli indumenti per Poggioreale». E poi: «Mi dispiace che il Parlamento abbia perso tempo in questa vicenda; ora il giudice naturale accerti la verità e smonti le accuse infamanti». Prima, a botta calda, bevendo un caffè alla buvette con Amedeo Laboccetta, deputato napoletano del Pdl e componente della commissione Antimafia (secondo il quale il Guardasigilli Alfano dovrebbe «mandare un´ispezione nella sede giudiziaria di Napoli»), aveva conteggiato: «Il voto contro il mio arresto è andato oltre il numero della stessa maggioranza. Non si è però mai contenti di difendersi da accuse così infamanti». A dimettersi dal governo il sottosegretario neppure ci pensa («Ho sentito Berlusconi che mi ha rasserenato»), però difficilmente si candiderà per la presidenza della Regione Campania: «Mi rimetto al partito, non decido io, né Fini».
In effetti, contro l´arresto hanno votato 360 deputati (a favore 226): tenuto conto degli assenti nelle file Pdl, a difesa della libertà del sottosegretario ci sono stati 51 voti più del previsto che provengono dal gruppo misto (ma Bruno Tabacci schiera Alleanza per l´Italia per l´arresto), da buona parte dell´Udc, forse da qualche Pd e dai cinque Radicali presenti. Dei "franchi tiratori" annunciati nel centrodestra tra i finiani, resta poco o niente. Nel Pd, i perplessi (Francesco Tempestini e Ermete Realacci lo dichiarano in un´assemblea del gruppo) poi si adeguano alla linea pro arresto; idem Renzo Lusetti. Chiosa Enzo Carra: «Ho votato secondo coscienza». Il voto era segreto. Le mozioni di sfiducia (a voto palese) non passano ma raccolgono più consensi. Fabio Granata e Angela Napoli, finiani, si astengono.
Commenta il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, sempre presente in aula: «La maggioranza ha dato a Cosentino il salvacondotto». L´ex pm di Mani Pulite e leader Idv, Di Pietro fa una requisitoria: «Lasciamo libero uno che delinque. Vogliamo le dimissioni di tutto il governo». Il più appassionato intervento è quello del leader Udc, Pier Ferdinando Casini. Alla fine, il presidente della Camera, Fini gli manda un biglietto: «Veramente bravo». Casini ricorda Tangentopoli, il cappio dei leghisti: «La politica scelga oppure pone le premesse per la sua dissoluzione... pensiamo davvero che la Prima Repubblica sia morta per una deriva giustizialista o per il pool di mani pulite? È morta prima, quando si è chiusa nella difesa cieca e assoluta della classe dirigente». Il clima politico è reso pesante dalle esternazioni di Berlusconi a Bonn contro la Consulta e i presidenti della Repubblica. Si sfiora la rissa per due volte. Maurizio Paniz del Pdl accusa il pd Marco Minniti di non essersi dimesso quand´era sottosegretario benché fosse indagato per gravi reati. Minniti chiede un giurì d´onore. Il "duello" prosegue in Transatlantico. Minniti grida al centrodestra: «Siete dei delinquenti». I ministri La Russa e Ronchi gli chiedono scusa: «Noi sappiamo che Minniti è una persona perbene». Gli assicurano che lo farà anche «il pentito» Paniz. Bilancio positivo del capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto: «I giustizialisti in Parlamento sono minoritari».
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments