Cosa manca all'Italia per essere davvero un paese civile

A chi spetta provvedere a un ragionevole governo civile ed economico? Ai politici eletti per governare, certo, ma non basta: ci vogliono anche i buoni cittadini che li seguano. Come fanno i politici a prevedere che palazzinari speculatori di Barletta arrivino a demolire una casa così male da far cadere quella vicina? Come fanno i politici a rimediare al fatto che il quaranta per cento dei loro concittadini sono degli evasori fiscali e se ne infischiano delle leggi? Il governo funziona quando i cittadini aiutano a far funzionare le leggi.
Per anni ciò è accaduto in alcuni paesi europei come la Svizzera, ed era facile rendersene conto. Arrivavo in auto a Lugano o a Bellinzona, posteggiavo in un luogo vietato e subito dai negozi buoni cittadini uscivano correndo e gridando per avvertirmi che ero in un luogo proibito, per esortarmi a mettermi in regola. Ora, ci vuole poco a capire che l'Italia è difficilmente governabile, o che governarla, come diceva il Duce, è spesso inutile. C'è da chiedersi come sia potuto accadere che questo popolo sia stato capace di creare una forza militare, disciplinata, organizzata, capace di conquistare il mondo, ma questi sono i misteri della storia, simili a quelli della fauna o delle piante.
Ma veniamo alla grande sorpresa di questi giorni. Per millenni siamo stati convinti che i politici avessero bene o male colto le occasioni della storia, che fossero stati capaci di creare delle economie e un diritto internazionale sufficienti a consentire una civile convivenza. A farla breve: ci sembrava che gli uomini fossero in grado di controllare e di adoperare la natura in cui vivevano, di trarne profitto e prevederla. La novità di questo secolo è che è impossibile non accorgersi, non vedere che gli uomini contemporanei sono incapaci di capire il pianeta su cui vivono, di capire le congiunture che devono affrontare e prevedere nel futuro prossimo venturo anche quelle che inevitabilmente stiamo preparando con le nostre opere dissennate.
La grande svolta, l'ora in cui abbiamo superato il punto di sicurezza per il nostro futuro è stato lo scoppio della bomba atomica. Era l'arma infernale che consentiva la fine dell'umanità, e sui nostri giornali, me ne ricordo benissimo, apparve come una breve in fondo pagina: «A Hiroshima è scoppiata la prima bomba atomica». Punto e basta. Poi si è invocata la necessità estrema di porre fine all'imperialismo giapponese, all'orrendo regime schiavista, ma la guerra era praticamente vinta, avere la certezza che l'arma della distruzione totale funzionasse era un capriccio da generali, avrebbero potuto sperimentarla su qualche isolotto disabitato.
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