Così le eco-balle inquinano la nostra terra

La denunzia delle eco-balle di “Carbon-hagen” fatta da Fausto Carioti su Libero il 7 dicembre non avrebbe bisogno di aggiunte, ma proverò a inserire una nota a pié di pagina.
Marco Pannella chiamava sterminio di massa la condanna alla morte per fame di milioni di persone a suo avviso destinate a quella sorte dal mancato controllo delle nascite e dall’egoismo dei paesi ricchi. Mi sarebbe piaciuto che avesse ripreso quel felice slogan per bollare l’insensatezza di quanto si sta perpetrando al vertice di Copenaghen destinato a porre rimedio al riscaldamento globale (se non fallisce, del che è lecito dubitare).
Carioti ha chiaramente illustrato la realtà: non è per niente certo che siamo alla presenza di un innalzamento della temperatura media della Terra e comunque l’idea che, ammesso che esista, sia da imputare alle attività dell’uomo è priva di senso. Né sono soltanto gli studiosi citati da Carioti a sostenerlo; da anni Fred Singer, forse il più grande fisico dell’atmosfera vivente, si batte per sbugiardare le fandonie care agli ecocatastrofisti. Non si tratta di un dilettante: Fred è stato lo scienziato che ha inventato il metodo di misura dello strato di ozono. In un bel libro tradotto in italiano qualche anno fa Tom Bethell (“Le balle di Newton”, Rubettino 2007) ha sciorinato una miriade di esempi di “junk science”, menzogne propalate da scienziati o sedicenti tali per accaparrarsi i fondi pubblici destinati a finanziare ricerche di loro interesse. Le recenti vicende che hanno svelato le email fra “scienziati” catastrofisti intenti a falsificare i dati per rendere credibili i loro scenari apocalittici sono soltanto l’ennesima conferma che anche i cosiddetti scienziati puri agiscono mossi dal loro interesse egoistico.
La postilla che aggiungerei a quanto detto da Carioti è che a Copenhagen si darà il via al più grande sterminio di massa della storia, al cui confronto le atrocità di Hitler e di Stalin sono soltanto robetta. Come tutti sappiamo centinaia di milioni di nostri simili muoiono per fame o soffrono di malnutrizione. Per queste sfortunate persone un dollaro al giorno fa la differenza fra la vita e la morte. Con 100 miliardi di dollari, quindi, si potrebbe salvare la vita di un miliardo di persone per oltre tre mesi! Non credo sia esagerato supporre che il costo totale delle decisioni di Copenaghen potrebbe agevolmente raggiungere quella cifra: dopo tutto si tratta di meno di un settimo di quanto Obama ha sperperato nel suo programma di stimolo dell’economia americana. Destinare quell’importo a una causa di perlomeno dubbia utilità equivale quindi a sterminare un miliardo di persone. Quanti sono convinti che si tratti di un’operazione giustificabile?
Non dico, ovviamente, che l’utilizzo corretto di quell’astronomica cifra per la lotta alla fame sia di dare un dollaro a testa a un miliardo di persone, sarebbe puro spreco in stile obamiano. Le possibilità sensate sono innumerevoli, come la costruzione di strade per consentire l’afflusso di cibo a quanti altrimenti morirebbero, scuole, ospedali, sanità, vaccinazioni (un milione di persone all’anno muoiono di malaria!), e così via. Investimenti di capitale fisico e umano in agricoltura con l’introduzione di tecniche proprie dell’agricoltura moderna sfamerebbero innumerevoli persone durevolmente e a costi pro capite molto bassi.
Gli eco-catastrofisti sul clima sono gli stessi che quotidianamente ci bombardano con l’aggettivo “sostenibile” appeso a quasi ogni cosa. Secondo questi signori saremmo spacciati: alla fine, le risorse si esauriranno e sarà la fine. Il 2 novembre 2006 il Wall Street Journal commentava un lavoro di 700 pagine commissionato dal governo inglese sotto la supervisione del “first economist” della Banca Mondiale Stern, che perveniva alla orripilante conclusione che il riscaldamento globale avrebbe potuto eliminare in eterno fra il cinque e il venti per cento della produzione totale del mondo! Il rapporto raccomandava quindi nuovi provvedimenti ben più radicali di quelli suggeriti dal protocollo di Kyoto per scongiurare questa immane tragedia.
Com’è noto, né questa né alcuna delle altre previsioni simili si è realizzata: ai livelli attuali di consumo e senza scoprire nuovi giacimenti, il mondo può tranquillamente ignorare il problema della sostenibilità del suo sviluppo. In conclusione: non abbiamo nessuna garanzia che la fine del mondo non avverrà domattina ma possiamo ragionevolmente convenire che non è probabile, se gli eco-iettatori non prevarranno.
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