Corruzione, le accuse al ministro indeboliscono il già fragile Hollande

Niente da fare, per François Hollande non c’è modo di dormire sonni tranquilli: l’ultima delle preoccupazioni del presidente francese riguarda il cosiddetto affaire Cahuzac, la bufera che ha appena travolto il ministro del bilancio accusato di riciclaggio di denaro e frode fiscale. Da settimane il nome di Jérôme Cahuzac veniva tirato in ballo, ma finora la vicenda era limitata ad accuse reciproche tra il sito Mediapart e il ministro; poi, due giorni fa, il parquet di Parigi ha ufficialmente aperto una «inchiesta preliminare» proprio per «frode fiscale» contro il ministro, che dal primo momento ha negato tutte le accuse.
Il dossier messo insieme dal sito di informazione Mediapart (diffuso il 4 dicembre scorso) muove dalla presunta esistenza di un conto a suo nome, di cui il ministro non avrebbe mai parlato al fisco francese. Il conto, poi chiuso e trasferito all’estero, sarebbe stato aperto presso una filiale Ubs in Svizzera, a Ginevra. Le accuse di Mediapart, che poggerebbero sulle dichiarazioni di un testimone, sono state prontamente smentite dal ministro, che ha minacciato la querela per diffamazione, ma il giorno successivo sono ulteriormente rafforzate dal sito di informazione, che ha rivelato l’esistenza di una registrazione telefonica, risalente al 2000, in cui una voce attribuita al ministro confermerebbe l’esistenza del conto.
Sui fatti indaga adesso la magistratura, mentre il ministro potrà continuare la sua attività, visto che ha confermato di non aver alcuna intenzione di dimettersi. Il governo e lo stesso presidente, come hanno fatto dall’inizio di questa vicenda, hanno nuovamente manifestato la loro fiducia al ministro. Ma il ciclone non ha certo investito solo lui, chirurgo estetico di indubbia fama e già deputato, che è peraltro stato sempre considerato personalità di grande serietà e molto rispettato. Di fatto ha appesantito ulteriormente un clima già gravoso per l’inquilino dell’Eliseo e per l’esecutivo. Non solo il presidente e primo ministro continuano a toccare record di impopolarità: il barometro mensile Ifop-Paris match relega il gradimento del capo dell’Eliseo al 37 per cento e quello di Jean-Marc Ayrault al 41, calando rispettivamente del 4 e del 6 per cento rispetto a un mese fa.
C’è anche il fatto che questo ultimo macigno va a gravare sulla difficile situazione che l’esecutivo si trova a dover fronteggiare negli ultimi giorni, proprio sul già debole fronte fiscale, tra il caso Depardieu e quello del respingimento della tassa sui superricchi da parte della Corte costituzionale.
L’esilio dorato del popolare attore tra Belgio e Russia, che pure non aveva sconvolto i francesi – piuttosto li ha divisi in merito alla sua scelta di abbandonare il paese in cerca di tasse più leggere – ha dato un’ulteriore eco negativa alle già discusse misure hollandiane per combattere la crisi. E la bocciatura formale della proposta di tassare del 75 per cento la parte di guadagni eccedente il milione di euro, per i prossimi due anni, ha rivelato un’incompetenza tecnica che oltre a fare il gioco di un’opposizione pronta a cavalcare ogni malumore rischia di alimentare maldipancia anche all’interno del partito, nel cuore della galassia socialista. Il malessere che prima covava solo nell’opinione pubblica e poi si è tradotto nelle aspre critiche dell’ala sinistra, per le politiche hollandiane e le scelte dell’esecutivo, sta infatti contagiando anche il partito, dove c’è chi lamenta sempre più diffusamente un’insoddisfazione covata a lungo in questi mesi. Passato infatti l’idillio dei primi cento giorni della nuova presidenza, in cui un colpo dopo l’altro si andava verso la demolizione delle più “odiose” misure sarkoziane, la nuova era socialista si apriva sotto i migliori auspici, vedi la riduzione degli stipendi dei funzionari e dello stesso presidente, si andava a settembre verso la prima difficile tappa: una manovra di tagli e tasse per 33 miliardi di euro, la grande manifestazione di piazza contro l’austerità e il rigore di marca hollandiana in salsa europea. E poi le costanti accuse di essere un debole, lui con Ayrault, spesso dato sul punto di essere sostituito perché privo del polso necessario a dare all’azione di governo il giusto impulso.
Per rispondere alle accuse e tentare di arginare la sua caduta di consensi, il presidente ne ha escogitate parecchie, come la grande conferenza stampa di novembre (l’attesissimo ma deludente “grand oral”) o la recente nomina del giornalista Claude Sérillon, già star televisiva del tg serale, a stratega della comunicazione. Verrà il momento dell’esito del caso Cahuzac – l’indagine non sarà tecnicamente facile – e la risposta del ministro e dell’esecutivo saranno determinanti anche per i prossimi mesi. Ma intanto domenica sarà il banco di prova di un altro dei pilastri del programma di Hollande: è il giorno delle manifestazioni contro i matrimoni gay, e anche su questo il cammino presidenziale avrebbe dovuto essere molto più facile di come si sta prospettando.
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