Corrono, ma soltanto per finta

Si è levato un diffuso stupore per la duplice candidatura di Gabriele Albertini (ormai ex Pdl) alla presidenza della Lombardia e a palazzo Madama. Minori, ma presenti, le polemiche suscitate dalla presenza della finiana Giulia Bongiorno a capo dei centristi nella regione Lazio e in lizza con posto garantito al Senato.
Ovviamente, è facile l'accusa di non avere alcuna possibilità di farcela nelle elezioni regionali e di tenersi quindi la riserva del seggio senatoriale sicuro. Va detto che non c'è nulla di nuovo, in simili comportamenti. La storia amministrativa è ricolma di mancati sindaci che non misero piede nel consiglio comunale. Il prefetto Carmelo Caruso, candidato del centro nelle elezioni amministrative di Roma del '93 che videro lo scontro Fini-Rutelli, rinunciò subito al Campidoglio. L'imprenditore Aldo Fumagalli, candidato sindaco a Milano nel '97 per il centro-sinistra, una volta sconfitto in ballottaggio dall'altro imprenditore Albertini, sostenuto dal centro-destra, si guardò bene dall'occupare il posto a palazzo Marino. Similmente, sono numerosi i casi di parlamentari nazionali che ritengono bene tenersi la poltrona nazionale e non immischiarsi nella politica regionale, Fra gli ultimi casi ricordiamo la radicale Emma Bonino: candidata alla presidenza del Lazio contro Renata Polverini, una volta sconfitta preferì serbare l'incarico senatoriale. Alla presidenza della regione Emilia-Romagna il Pdl indicò come candidato l'ex direttore del Carlino, Giancarlo Mazzuca, deputato in carica, repentinamente cambiato in corsa con Anna Maria Bernini, altra deputata. Ovviamente la Bernini, dopo essere stata travolta da Vasco Errani, rimase alla Camera. Insomma: chi perde in una competizione di rilievo (sindaco di una grande città, presidente regionale), può o usufruire di un paracadute (è il caso di Albertini e della Bongiorno) o tenersi l'incarico che già possiede (è il caso della Bonino e della Bernini). Tale atteggiamento sarà poco accetto a qualche settore di elettori, ma è umanamente comprensibile. Certo, le polemiche da parte degli avversari politici sono più che logiche. Tuttavia, Albertini sa bene che non ha alcuna possibilità concreta di conquistare il Pirellone: dovrebbe quindi rinunciare al posto di europarlamentare, per restare un semplice consigliere regionale? È ovvio che egli miri a raggiungere il Senato, ove potrà svolgere un ruolo ben più rilevante che non in Europa o a Milano.
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