Il corpo ferito del re e l'umanità del potere

Immagine dopo immagine, fotogramma dopo fotogramma, il viso sanguinante e sconvolto, del premier è stato rimandato a ritmo incessante per ore sul piccolo schermo. Il “corpo del re” appariva ferito, umiliato, incredulo. Lo sguardo era allucinato, la bocca semiaperta faceva intravedere il vuoto lasciato da due denti spezzati, il sangue scorreva sul mento. In un attimo, in pochi secondi quelle immagini ne hanno spazzato via delle altre, quelle usuali del “premier re”: l’energia, il buon umore, l’ottimismo. E l’eterna giovinezza perseguita con tenacia, attraverso i lifting evidenti, la ricrescita dei capelli che da un pezzo non ci sono più, il make up più volte ripassato perché il volto apparisse piacevole e in buona salute. Potenza dell’immagine, potenza della televisione che può davvero cambiare tutto in un batter di secondi. E trasformare un potente e aggressivo uomo politico, che proclama di voler cambiare le istituzioni in una vittima, in un uomo debole. Perché uno era il Silvio Berlusconi che sul palco chiedeva il numero di telefono a una bella ragazza, faceva battute sulla sua eterna giovinezza con Roberto Formigoni, e dichiarava con sfrontatezza di essere bellissimo. Un altro era il Silvio Berlusconi qualche secondo dopo devastato nel corpo e di conseguenza provato, alterato, nel suo ottimismo e nel suo buon umore.
Perché era il suo corpo che parlava e diceva di un trauma che andava oltre le ferite visibili, oltre lo sgomento momentaneo.
C’è da chiedersi che cosa produrranno quelle immagini, che cosa provocheranno nell’animo e nell’immaginario, e se cambieranno qualcosa nella percezione del premier. Perché nulla è scontato quando di tratta del “corpo del re” e di un re - qual è o vorrebbe essere Silvio Berlusconi - che del corpo si è curato fino all’ossessione, lo ha mostrato e ostentato, ne ha fatto uno strumento della politica.
E allora quel volto, quel corpo ferito e offeso indicherà con la potenza dell’immagine che il potere è fragile o, all’opposto ne esalterà l’umanità, la vicinanza con il popolo che si riconoscerà nell’ingiustizia della violenza recata?
Ne “I due corpi del re” circa cinquanta anni fa Ernst Kantorowicz affermava che la vigoria fisica, la buona salute, la forza esprimevano simbolicamente la capacità di governare. Certo Kantorowicz parlava del medioevo europeo e di un’epoca il cui il corpo del re era reso sacro dalla forza fisica. Ma siamo sicuri che la visione del corpo del re sia tanto cambiata? Che anche a secoli di distanza quel corpo non sia ancora importante per rassicurare sulla capacità di governo?
Se Carlo Magno vecchio e malato si ostinava ad andare a caccia rischiando di lasciarci la pelle perché in quel modo mostrava di poter essere ancora imperatore, se Ottone I ostentava un pantagruelico appetito che doveva confermarlo di fronte al popolo quale degno sovrano del Sacro romano impero, ancora molti secoli dopo e solo qualche decennio fa Benito Mussolini si mostrava a petto nudo nei campi di grano, come Vladimir Putin di recente, Stalin negava di ammalarsi e Mao faceva vedere la sua vigoria fisica con lunghe nuotate nello Yangtze.
Insomma la cura del corpo da parte di Berlusconi - sia pure fondata sulla chirurgia plastica e sul mito moderno dell’eterna giovinezza e non sulla nuotate o sulla passione venatoria - rientra in un antico e tradizionalissimo rapporto fra il corpo del re e il popolo che oggi potrebbe metterne in discussione l’immagine .
Ma non è detto. Potrebbe non essere così. Perché né Mao, né Mussolini e ovviamente tanto meno Carlo Magno e Ottone I avevano a che fare con la televisione che può anche trasformare il corpo dolente del re in un corpo vincente. Quelle immagini incessanti e dolenti sul piccolo schermo potrebbero non entrare in contrasto con quelle che le hanno precedute. Potrebbero essere lette all’interno di vicende personali di sofferenza.
Cinque anni fa abbiamo assistito quasi in diretta televisiva alla malattia e alla morte di un grande Papa, Giovanni Paolo II. Un pontefice al quale si era associata l’immagine di un uomo di grande vigore fisico e intellettuale che pure non aveva avuto vergogna a esibire la malattia e la sofferenza. Ci fu allora chi ebbe timore che l’immagine del Papa ne farebbe risultata indebolita. All’opposto quelle immagini la resero più grande.
Le due figure - Berlusconi e Wojtyla - sono davvero imparagonabili, come non sono paragonabili nel loro simbolismo il corpo del re e il corpo del Papa, ma quel ricordo fa riflettere sul ruolo delle immagini, sulla possibilità che qualcosa sia cambiato anche nella percezione dell’uomo Berlusconi che è stato finora o troppo amato o troppo odiato. Un uomo politico, alle prese con debolezze caratteriali, che non nasconde nervosismi e impulsività, con un’immagine internazionale appannata, che si è auto-rappresentato negli ultimi tempi come vittima di un complotto giudiziario e di una aggressione mediatica. Chissà. Oggi è certo soltanto che quel corpo non vuole mostrarsi. Voglio rimanere solo, ha detto Berlusconi. E se è vero qualcosa potrebbe davvero essere cambiato.
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