Convenzione il sogno di fine anno

Dalle pieghe del tormentato dibattito sulla Grande Riforma, ripreso dopo l’aggressione a Berlusconi, nel tentativo di dare uno sbocco agli appelli per un miglioramento del clima politico, è tornata ad affacciarsi l'idea di una Convenzione, o di un’Assemblea Costituente, a cui affidare il compito di discutere e approvare i cambiamenti della Costituzione. Necessari e finora invocati da tutti, ma mai realizzati, malgrado i numerosi tentativi degli ultimi anni.
Di assemblea hanno scritto, in una lettera aperta al Presidente emerito della Repubblica Cossiga, alcuni membri del vecchio gruppo dirigente socialista come, tra gli altri, Formica, Martelli e De Michelis. Di convenzione, o in alternativa del ritorno a una Bicamerale come quella presieduta a suo tempo da D’Alema, hanno parlato il ministro dell’Economia Tremonti con il Corriere della Sera e il ministro degli Esteri Frattini con La Stampa.
Sia all’interno della maggioranza, dopo i primi colloqui ad Arcore tra un Berlusconi convalescente, membri autorevoli del governo e i vertici di Pdl e Lega, sia nel maggior partito d’opposizione, la svolta è maturata in pochi giorni, dopo il drammatico pomeriggio di domenica scorsa. Nel Pd sono stati Bersani e D’Alema a insistere, anche se, per contrastare le forti riserve interne di Veltroni e Franceschini a una qualsivoglia apertura al Cavaliere, i leader del Pd avvertono fin d'ora che non si presteranno ad intese che riguardino «leggi ad personam» e salvacondotti giudiziari per il premier, di cui, se vorrà, dovrà farsi carico il centrodestra. Sul resto invece, il Pd dice esplicitamente che si potrà discutere, ed eventualmente collaborare.
Tal che la discussione non è più sul «se fare» le riforme, ma sul «come» farle. E per questo, ci si interroga se sia meglio affrontarle all’interno del Parlamento, com’è avvenuto, purtroppo senza successo, tutte le altre volte. O se invece non sia più opportuno creare un nuovo organismo. Il quale, al di là dei nomi e dei poteri da affidargli (una sorta di super ufficio studi che rimandi le decisioni finali alle Camere, o un nuovo, temporaneo, ramo parlamentare, in grado di decidere da solo?), sarebbe comunque un organo politico. Con una rappresentanza proporzionale di tutti i partiti, senza schieramenti precostituiti come il centrodestra e il centrosinistra, ma anzi con l’obiettivo di far confrontare, e magari votare insieme, ove possibile, forze politiche diverse a seconda dei temi in discussione e delle diverse sensibilità. In questo modo verrebbe recuperato lo spirito e il metodo della Costituente di oltre sessant’anni fa.
Appartata e in qualche modo liberata dalla durezza del confronto politico quotidiano, che continuerebbe a svolgersi nelle altre due, questa terza Camera avrebbe il vantaggio, se non altro, di poter lavorare più tranquillamente. I partiti potrebbero anche scegliere di convogliarvi un drappello di qualificati giuristi, e non perché quelli attualmente in servizio tra Montecitorio e Palazzo Madama non siano tali, ma proprio in omaggio a quel che accadde nell’Assemblea del 1946-’47. La Costituzione italiana, infatti, fu certo l’incontro delle tre grandi culture politiche - cattolica, socialista e liberale - del Novecento. Ma fu anche, per i tempi in cui fu scritta, un esempio di saggezza giuridica, grazie al lavoro di esperti come Calamandrei, Mortati e Crisafulli, che si avvalevano di giovani consulenti come Giannini e del meglio che usciva allora (e potrebbe venir fuori anche adesso) dalle università italiane.
Inoltre, l’elezione proporzionale, senza sbarramenti di alcun tipo - come si addice a un organismo che dovrebbe assicurare la più larga rappresentanza possibile, dovendo riscrivere regole che riguardano tutti -, consentirebbe di mettere a confronto - evitando ulteriori tensioni tra società civile e Parlamento e con una piena reciproca legittimazione -, tutte, ma proprio tutte, le posizioni politiche esistenti in materia costituzionale, dal presidenzialismo più radicale all’assemblearismo più estremo.
Sono solo alcune delle ragioni che porterebbero a preferire l’ipotesi della Convenzione, o dell’Assemblea Costituente, rispetto a una nuova Bicamerale, nella quale, più o meno come un decennio fa, i limiti della confusione tra il contingente politico di tutti i giorni e l’ampio orizzonte delle decisioni da prendere, si riproporrebbero pari pari. Ma a guardar bene, purtroppo, sono anche i motivi per cui la Convenzione o l’Assemblea, senza un grande sforzo di buona volontà, difficilmente vedranno la luce.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments