Il Consiglio regionale sciolto da un mese ai contribuenti è già costato 10,3 milioni

Dalla Rassegna stampa

Quasi dieci milioni e mezzo. Per la precisione, dieci milioni 399mila euro. Ai cittadini del Lazio, tanto è costato il Consiglio regionale dalle sue dimissioni (il 28 settembre) a oggi. Con altri numeri (e stesso totale), ogni giorno di vita in più dell’Assemblea della Regione, vale quanto un appartamento: 346mila euro. Se si dovesse andare al voto in febbraio come lasciano intendere i tanti impedimenti addotti, la macchina mangiasoldi di stanza alla Pisana brucerà 41 milioni e passa. Almeno 10 in più di quelli utili per una tornata elettorale regionale.

Non che prima il Consiglio costasse molto meno vista l’inconsistenza della sua produzione (ogni legge, delle poche approvate su sua iniziativa, è costata ai contribuenti 80,5 milioni). Ma in paralisi totale non era mai stato prima e durante l’assalto alla diligenza realizzato in modo consociato da destra, centro e sinistra.

Come si arriva a quota 10 milioni 299mila euro in un mese di fermo? Due milioni se ne vanno per le laute retribuzioni ai 71 consiglieri della Regione che, con la metà degli abitanti della Lombardia, corrisponde loro il doppio dello stipendio dei colleghi del Pirellone. Altri 3 milioni 400mila euro arrivano sempre a loro (in aggiunta agli oltre 10mila netti di stipendio) in forza della legge 19/1998 che fissa in 4mila 190 euro mensili il “sostegno” a ogni eletto per mantenere vivo il rapporto con gli elettori. Come? Con sagre, feste, cene collettive, regali enologici e analoghi sperperi clientelari. Due milioni 700mila euro se ne vanno in «spese per beni e servizi».

Quali? Benefits come telefonini, giornali, riviste, consumazioni alla bouvette e via elencando. E anche in rimborsi spese per gli spostamenti, inesistenti per lo più (visto che molti hanno dichiarato di non possedere neanche la macchina), ma autocertificati senza ricevute né pezze d’appoggio. Tutto nella voce «beni e servizi»: il Consiglio si è guardato bene dalla trasparenza, disaggregando le voci di costo, per coprire privilegi e abusi.

Con altri 450mila euro si continuano a foraggiare i 17 gruppi consiliari dei quali 8 con un solo componente e 3 di questi senza neanche la legittimazione del voto popolare. Altri 666mila euro volano via con le consulenze esterne assegnate anche a ex consiglieri, ex assessori, amici e amici degli amici. Al personale addetto al Consiglio regionale spettano 283mila euro. E altri 800mila finiscono in spese per mantenimento della sede in via della Pisana.

«Li mando a casa io», aveva annunciato la governatrice Renata Polverini. Ma tutti, lei compresa, stanno ancora lì mentre il “tassa¬metro” della macchina della Pisana corre veloce verso altri sprechi. Nell’ordine del giorno 299 approvato dal Consiglio il 17 settembre figurava solenne l’impegno di ridurre i costi della politi¬ca. Come? Abbattendo da 4mila 190 a 2mila 95 euro le somme ai singoli eletti per il rapporto con gli elettori; sciogliendo gli 8 gruppi con un solo componente; riducendo da 71 a 50 il numero dei consiglieri.

Tre impegni mancati. Valevano «20 milioni in un anno». Ora, con l’Assemblea che non c’è, ma continua a bruciare un “reddito” che non produce, quelle modifiche alle leggi regionali non possono essere approvate. «In quella seduta», ricorda il segretario della Cisl Lazio, Tommaso Ausili, «la presidente Polverini aveva promesso che i 20 milioni risparmiati sarebbero finiti a giovani e famiglie: ancora aspettiamo».

C’è qualche impegno non tra¬dito? Sì, uno: la riduzione delle commissioni consiliari da 19 a 8, quante ne hanno altre Regioni. Erano arrivate a 20 con il varo delle 4 “speciali”, dopo un vero blitz messo in atto sotto il Natale 2010, con 45 voti favorevoli e 2 soli contrari (i Radicali). Così, allo stipendio mensile del consigliere, si aggiungevano altri mille euro per il presidente di commissione e 700 per i vice. E con i soldi, ecco segretari e portaborse (fino a 5), auto blu e autisti al seguito, benefits, arredi e impianti per le nuove sedi.

Quelle commissioni, che di “speciale” avevano solo l’esuberanza degli sprechi, annoveravano tra i presidenti, Romolo Del Balzo del Pdl (“Giochi olimpici 2020”), il consigliere sospeso pochi giorni prima in seguito all’arresto per truffa. Nella commissione “Federalismo fiscale” veniva insediato Marco Di Stefano (Pd); in quella sulla “Prevenzione degli infortuni sul lavoro”, Luigi Abate (lista Polverini); nel¬l’altra su “Integrazione sociale e criminalità” Filiberto Zaratti (Sel).

Due a destra, due a sinistra. E per la loro istituzione ci fu un colpo di mano: un emendamento a una proposta di legge arenata, poi utilizzata come cavallo di Troia e via ai voti: 45 contro 2. Anche così i costi dell’Assemblea regionale sono lievitati toccando quota 115 milioni di euro: ogni eletto costa 335mila euro all’anno, il 20% in più di quanto «valeva» nel 2009.

E per 71 eletti (come avranno fatto?), c’erano 79 poltrone. Le scorribande in Regione, con più di qualche saccheggio al seguito, sono state sistematicamente denunciate su queste pagine dal febbraio 2011 al luglio scorso, poco prima che gli scandali in Regione deflagrassero, complici anche le fotografie sulle feste trimalcionesche.

 

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