Compagni di Renata

Fra la Ciociaria e Roma nord si è consumata l’ennesima, rovinosa prova della destra al governo: e già moltissimo si è detto e scritto su trama e personaggi di questa farsa laziale, citando di volta in volta codice penale, mozzarelline e maschere di carnevale, scomodando finanche Lombroso per descrivere quel tal Fiorito. Caduta Renata, già si afferma un altro filone giornalisticopolitico, quello della chiamata in correità: se la Polverini non poteva non sapere, il Pd e le opposizioni varie non potevano non sapere che lei non poteva non sapere, e tutto torna. Questo è il teorema che – scommettiamo? – dominerà la campagna elettorale nel Lazio.
Emma Bonino, del tutto legittimamente e con discreta scorta di argomenti, ha cannoneggiato su Repubblica gli alleati di ieri. Con tono non proprio amichevole, anzi, con ostentato malanimo, Bonino ha snocciolato un cahier des doléances mai così esplicito. «La mia fu un’autocandidatura, il Pd non aveva candidato nessuno. Polverini in quel momento era la candidata di Fini, e una parte della sinistra corteggiava Fini perché si decidesse a mollare Berlusconi. Renata piaceva molto a questa sinistra dei calcoli, era molto gradita ai salotti degli strateghi, del resto la sua popolarità è nata a Ballarò», ha detto.
Ora, forse esagera Concetto Vecchio sul suo blog sempre su Repubblica quando parla di «cotta pazzesca»: e però è vero che un pezzo della sinistra vide nell’allora leader dell’Ugl un esemplare di una destra “normale” certamente diversa dall’homo berlusconianus, un volto post-ideologico perfetto per la Terza repubblica – fondata più che sul lavoro sulla tv (Ballarò, appunto) – emblema del superamento di storiche contrapposizioni, una persona magari intellettualmente non straripante ma saldamente collegata con i lavoratori, semplice nei modi e soprattutto onesta.
L’infatuazione ci fu. Lo rammentiamo noi piccini di Europa che in quel francente conducevamo una solitaria campagna sui modi disinvolti di Renata alla guida dell’Ugl (ci arrivarono in quel frangente decine di lettere di “iscritti” ignari di essere tali).
Sì, ricordiamo perfettamente certi politici della sinistra, sindacalisti e ex ministri parlare della Polverini come di un interlocutore importante, autorevole, dicevano che «è molto brava»: salvo scoprire poco più tardi che si trattava di una politicante fascistella e maleducata, pronta ad obbedire ai desiderata del Cavaliere e ben lungi dal voler fondare una destra presentabile, una piccola macchina di potere che correva sul rettifilo del malgoverno. Prima di andare a sbattere e rientrare mestamente ai box.
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