Come sopravvivere tre anni senza elezioni?

Il presidente del Consiglio in questi giorni di passione ha più volte ripetuto che il governo ha davanti a sé tre anni di lavoro e il solo pensare di ritornare a votare è un delitto. In realtà, l’esecutivo ha davanti a sé solo un anno di tempo da dedicare interamente al governo del Paese perché a metà 2011 si entrerà di fatto nel tempo pre-elettorale e la legislatura sarà già nella fase della campagna elettorale. Tutto questo, ben s’intende, in una situazione normale.
Ma come sanno anche i fenicotteri rosa il governo Berlusconi non è in una situazione normale da quando il presidente del Consiglio e il presidente della Camera sono separati in casa Pdl. E’ chiaro a tutti, quindi, che il pensiero dominante del governo di Berlusconi e di Bossi è proprio quello che Berlusconi e Bossi pubblicamente negano: il voto anticipato.
Proprio Bossi ieri parlando a Radio Radicale ha precisato il suo pensiero pubblico rispetto a quanto aveva detto il giorno dopo la fine della storia sentimentale tra Silvio e Gianfranco. Se alla Padania aveva detto che la stagione dell’alleanza con il Pdl era ormai conclusa e il governo rischiava un "crollo verticale", ieri alla radio Bossi ha invece sostenuto che «la Lega non vuole andare a votare mentre vuole il federalismo fiscale e sotto sotto anche Fini vuole la riforma perché in realtà neanche lui crede veramente ai ragionamenti che fa».
Ma se questo è il nuovo pensiero pubblico di Bossi, la sua virtù, quale sarà il suo pensiero privato, il suo vizio? Non sarà che il leghista neghi la volontà elettorale e dica di voler incassare unicamente il federalismo fiscale perché sa che dal divorzio morale dell’Auditorium proprio la riforma federalista in chiave leghista è molto più incerta e il destino della legislatura in un modo o nell’altro è ormai segnato?
La Lega non vuole il voto fino a quando il federalismo fiscale non sarà ufficialmente respinto. Ciò che serve è un casus belli. È evidente: i discorsi politici a quattr’occhi di Berlusconi e di Bossi sono diversi dai discorsi politici fatti a beneficio delle telecamere e di quella cosa non meglio definibile ma pur reale che si chiama opinione pubblica.
Chi ieri ha risposto subito a Bossi è stato Luca di Montezemolo. La risposta è significativa perché Montezemolo parla riferendosi alle parole pubbliche di Bossi ma attribuendo loro il significato delle parole private: «Nessuna nazione può crescere andando a votare una volta l’anno». Ciò che dice Montezemolo si può anche ritradurre così: non si potrà ritornare nuovamente al voto se il federalismo caro alla Lega dovesse arenarsi perché non si può gettare al vento un’altra legislatura. Dunque, sotto a lavorare. Ma qui si tocca il vero tasto dolente della governativa commedia degli equivoci: al di là della giaculatoria de «i prossimi tre anni» il governo dimostra con i fatti di non sapere letteralmente cosa fare. Le riforme istituzionali appartengono al migliore dei mondi possibili e non sono di questo mondo; la riforma leghista non ha più dietro di sé una maggioranza coesa e politicamente convinta; le riforme sociali ed economiche sono ingessate perché il principio-guida di Tremonti (che, in verità, finora lo premia) è quello che dice che bisogna prima di ogni cosa tenere i conti sotto controllo aspettando che passi la bufera finanziario-economica che "nel pensier rinnova la paura". Stando così le cose, il mantra de «i prossimi tre anni» è un bluff e una trappola nella quale Berlusconi e Bossi non vogliono cadere. Comprensibile, ma anche non condivisibile. Come nella migliore tradizione teatrale, tutti attendono il colpo di scena o il momento dell’agnizione che dissolverà bugie ed equivoci.
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