Com'è bella la Rai in galera

È successa una cosa straordinaria domenica scorsa. Ci hanno raccontato che nelle carceri italiane ci sono quasi 70 mila detenuti. Che il 30 per cento di questi è composto da tossicodipendenti, un altro 30 per cento da stranieri, mentre il 20 per cento della popolazione carceraria soffre di disturbi psichici. Ci hanno poi detto che l'anno scorso si sono tolti la vita in 66, lì, dietro le sbarre, Che il sovraffollamento ha superato i livelli di guardia e il nostro sistema penitenziario è ormai al collasso; che la cosiddetta legge "svuota carceri", promossa dal Guardasigilli Alfano, ha dato risultati irrisori e che sul territorio nazionale ci sono una quarantina di istituti nuovi o mai terminati, inaugurati e mai aperti: carceri costate decine di milioni che adesso si trovano in stato di abbandono, marce e pronte solo per la demolizione. Avvocati e giuristi ci hanno poi spiegato che quello che anche il governo ha dovuto riconoscere come stato di emergenza ha origine dalle nuove misure repressive messe in atto negli ultimi anni, soprattutto sul fronte del contrasto alla droga e all'immigrazione clandestina. Dalla mancanza di coraggio politico, che impedisce la realizzazione di una vera riforma del nostro codice penale, aprendo così la strada a nuovi reati che paralizzano il sistema e rendono interminabili i processi. Che dunque, in termini di consenso elettorale, riformare la Giustizia non paga. O almeno così la pensa chi preferisce raccattar voti seminando senso di insicurezza tra la popolazione. Dati alla mano, ci hanno invece spiegato - sempre la scorsa domenica - che il tasso di recidiva, che tra chi sconta l'intera pena in carcere è del 67 per cento, scende al 19 per quei detenuti che hanno accesso alle misure alternative.
Questo e molto altro ci hanno raccontato, cose che ogni settimana cerchiamo di testimoniare qui e che raramente trovano spazio sui grandi organi di informazione. La notizia, infatti, è che domenica il dramma delle prigioni italiane è andato in onda in prima serata su Raitre. Che quasi due milioni di telespettatori hanno potuto vedere, attraverso le telecamere del programma "Presa diretta" e gli occhi e la voce del suo autore, il giornalista Riccardo Iacona, il degrado delle strutture, la solitudine dei detenuti e delle loro famiglie, l'impotenza dei direttori, dei volontari e di tutto il personale. Insieme alla deputata radicale Rita Bernardini, Iacona è entrato a Poggioreale: il carcere più grande d'Europa e più affollato d'Italia, dove 2.800 detenuti occupano uno spazio sufficiente appena per la metà, gli educatori sono due ogni 370 persone e quattro gli psicologi in servizio per l'intero istituto. Dove chi entra colpevole esce vittima, dove si muore restando vivi.
E poi è andato a Bollate, il carcere modello alle porte di Milano in cui si studia, si lavora e si gioca a calcio; si impara a suonare e a rispettare le regole. Dove si diventa persone nuove, migliori. Una vera e propria eccezione, insomma, nel panorama italiano. "Presa diretta" ha mostrato, attraverso la testimonianza delle vedove e delle madri, le vite distrutte di chi non ce l'ha fatta; ma anche le storie straordinarie di chi invece, come il documentarista Gaetano Di Vaio, sul carcere ha avuto la meglio e oggi lo racconta agli altri, come Riccardo Iacona, il volto incolpevole e leso di una tragedia deflagrata, eppure ancora latente.
La puntata dal titolo "Le mie prigioni" è disponibile sul sito del programma, guardatela e fatela guardare. Sarà tempo ben speso.
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