La "colpevole accidia" del Pd

Dalla Rassegna stampa

Serve "un supplemento d’anima". Sta tutto in queste tre parole il significato della lettera che ieri 49 senatori del Partito democratico hanno inviato a Pier Luigi Bersani. Il documento arriva dopo il processo che martedì sera la minoranza ha fatto al segretario del Pd, reo secondo loro di una conferenza stampa "imbarazzante", nella quale Bersani ha dichiarato, dati alla mano, che c’è stata un’inversione di tendenza rispetto al passato e il Pd ha ripreso a crescere. "Il passaggio elettorale di questi giorni ci consegna molteplici spunti di riflessione - hanno scritto i senatori - il lavoro ordinario non basta più. I ritmi ortodossi sono troppo lenti. Le liturgie della casa sono stantie. I cartellini da timbrare sono sempre più falsati. L’imborghesimento ci tenta in continuazione e arriva persino a coinvolgerci in scellerate trasversalità ammantate di riformismo. I nostri valori fondanti rischiano di vacillare sotto i colpi della sfiducia e di un neo relativismo che intossica le nostre coscienze per condurci verso la più colpevole accidia".
Sono parole forti quelle che escono dal Senato su proposta di Gian Piero Scanu e amplificate da altre 48 voci. La base valoriale, secondo loro, è sbagliata, quindi c’è molto da lavorare e per ripartire serve il cuore e l’anima: "Bisogna cambiare passo - scrivono ancora da Palazzo Giustiniani - bisogna muoversi subito. Bisogna accedere ad una nuova dimensione del nostro impegno politico che anche noi parlamentari spesso non esprimiamo con la necessaria efficacia. Serve un supplemento d’anima". La lettera non è un attacco personale a Bersani, bensì una richiesta per cambiare le cose, e in fretta: "Ti poniamo l’esigenza di incontrarci subito per riflettere insieme - concludono i senatori - non intendiamo farci consumare addosso i prossimi tre anni della legislatura, immersi in un attendismo fideistico che assegna al destino il compito di liberare l’Italia dal sultanato che la devasta".
Il leader del Pd ha fatto sapere che la richiesta dei senatori è uguale alla formula che lui stesso ha usato al congresso per rilanciare il progetto del partito. L’incontro coni firmatari è già fissato per i prossimi giorni, e Bersani ripeterà loro il suo progetto, che prevede il recupero della credibilità del partito sul territorio, con il radicamento popolare. "Va bene discutere ha detto Bersani - ma non guardarsi l’ombelico. Bisogna lavorare pancia a terra, per l’alternativa".
Già, l’alternativa, ma quale? E’ proprio questa la domanda che le minoranze hanno fatto a Bersani durante il coordinamento. In discussione, infatti, non c’è il segretario ma la sua linea politica. "Dimettersi Bersani? E perché mai? Il Pd non ha mica perso. Ce l’ha detto proprio lui ieri al coordinamento politico nazionale". Scherza Ignazio Marino, uno dei firmatari. "Siamo stati a discutere fino alle 2 di notte -racconta il senatore - c’erano il vino Cerasuolo, dolcetti, tramezzini e acqua minerale. Bersani ha detto che il Pd avanza e il partito di Berlusconi arretra. Poi in chiusura D’Alema ci ha detto che ci vuole un partito forte con un’alleanza forte e torneremo al governo. Bell’idea commenta ancora Marino - sarebbe entusiasmante tornare al governo grazie a un partito debole e un’alleanza debole". E proprio quello delle alleanze è un altro dei nodi col quale Bersani dovrà fare i conti. Da un lato è pressato da Area democratica che vuole, come ha spiegato Walter Veltroni al coordinamento, "un’alternativa riformista come nel 2008, e solo dopo la costruzione delle alleanze". Dall’altro deve fare i conti con i nuovi "grillini", Di Pietro e Vendola, oltre a chiarire le posizioni con Udc e radicali.
Questi ultimi, infatti, si sono schierati ieri col segretario del Pd. Emma Bonino, nella prima analisi sulla sconfitta elettorale nel Lazio, ha difeso Bersani: "Non ho mai detto di essere stata lasciata sola, il suo impegno è stato deciso, determinato e generoso, piuttosto altre parti del Pd non erano convinte a sostenermi e non hanno mancato di farlo sapere".
Il chiaro riferimento è alla minoranza del Pd e ai cattolici. Ma questo attacco non nasce soltanto dalle urne. Durante l’assemblea dei radicali pre elettorale, Pannella aveva spiegato chiaramente come apprezzasse il comportamento di Bersani nei loro confronti, che li trattava da alleati e non voleva scioglierli all’interno di un contenitore che non li rappresentava. Cosa che invece gli chiese Veltroni nel 2008, obbligandoli ad entrare nelle loro liste. Ma oggi tutto è cambiato: "Con la linea di Bersani - ha detto Pannella - sono pronto a prendere la tessera del Pd".

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