"Colpa della guerra fra candidati". Berlusconi furioso con gli ex di An

Dalla Rassegna stampa

«Sconcertato», sabato. «Una furia», ieri pomeriggio quando uno dei soliti bene informati ha raccontato a Silvio Berlusconi come l'ennesima battaglia fratricida dentro al  Pdl sia alla base del "pasticcio-romano". A furia di cancellare e poi inserire e poi sbianchettare ancora dalla lista-Pdl il nome di Samuele Piccolo e di qualche altro, Alfredo Milioni (delegato da Alfredo Pallone a presentare la lista) è arrivato fuori tempo massimo. A Berlusconi è stato raccontato che proprio il furbesco tentativo di metter mano alla lista cambiando l'ordine e sostituendo nomi per far fuori candidature giudicate da qualcuno ingombranti, i due potenti uomini del centrodestra laziale, l'azzurro Sammarco e l'ex Ali Piso, hanno discusso sino a sabato mattina.
Al di là della irregolarità (più volte denunciata dai radicali di Pannella), che comporta la raccolta di firme sotto a liste in bianco, emerge la complicatissima tela di veti incrociati - che ovviamente investe anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno - che ha paralizzato il centrodestra romano. Non quindi il panino mangiato dal "distratto" presidente della XIX circoscrizione (che di esperienza invece ne ha e di liste ne ha già presentate molte) ha di fatto impedito al Pdl romano di presentare la lista nei termini e nei tempi dovuti, ma uno scontro durissimo ra quelli che Mario Baccini definiva ieri «irresponsabili nominati».
L'irritazione del presidente del Consiglio al racconto è così vieppiù cresciuta, e il ministro
Sandro Bondi non è stato in grado di contrapporre nessun ragionamento plausibile che in qualche modo potesse giustificare quella che li collega La Russa definisce «grande leggerezza. sulla quale andremo fino in fondo». Non ci voleva forse la spietata analisi del ministro Gianfranco Rotondi per dedurre «l'inesistenza del Pdl» come partito. Ma Berlusconi, che di argomenti per azzerare l'attuale vertice del partito ne ha già tantissimi, dava per scontata la bandierina sulla regione Lazio. «Non hai bisogno nemmeno di fare la campagna elettorale», disse a Renata Polverini qualche giorno fa. Proprio all'ex sindacalista, e al suo principale sponsor (Gianfranco Fini), Berlusconi è però pronto ad addebitare la responsabilità dell'eventuale e, allo stato delle cose probabile, sconfitta.
Eppure già ieri sera c'è chi faceva arrivare ad Arcore l'idea di un decreto che permetta di riaprire i termini di presentazione delle liste qualora i vari gradi di giudizio respingano le tesi dei Pdl romano. Berlusconi però non sembra voler prendere in considerazione
l'eventualità fatta filtrare a palazzo Chigi come logica conseguenza dell'appello al capo dello
Stato. «Comunque vada questa storia ha già segnato la campagna elettorale - spiegava ieri sera un ministro - qualcuno sembra non ricordare che nel Lazio c'è Emma Bonino reduce da uno sciopero della fame proprio sul tema dove noi siamo scivolati». In effetti nemmeno Pierluigi Bersani, ammesso che ne avesse l'intenzione, riuscirebbe a convincere i radicali al "beau geste", visto che le loro liste sono state escluse in moltissime regioni. Lombardia compresa.
Al tono un po' depresso di Pier Ferdinando Casini («spero che il Pdl riesca a dimostrare la regolarità della lista»), c'è chi contrappone il delirio che ormai da tempo vive il Pdl nel Lazio con la componente di Forza Italia completamente succube della ex galassia missina confluita prima in Ali e poi nel Pdl.
Ridursi a presentare la lista all'ultimo momento, come ieri sottolineava lo stesso La Russa, nel pieno dell'iniziativa radicale con tanto di sciopero della fame della Bonino, non solo è «assurdo», come sostiene il sottosegretario Francesco Giro, ma rischia ora di aprire un regolamento di conti nel Pdl nel pieno della campagna elettorale. Berlusconi oggi sarà a Roma e sembra arrivare nella Capitale —affannato di spiegazioni plausibili per andare «fino in fondo» nella definizione delle responsabilità. «Poi ai nomi in lista stavolta ci penso io», ha fatto già sapere il Cavaliere.
 

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