Colomba vuol dire fiducia Fini la tregua a Fli

Dalla Rassegna stampa

 
Un premier e tre gambe. E nove uomini attorno a un tavolo. Montecitorio, studio del presidente della Camera. Va in scena il pranzo della tregua, anzi della fiducia al governo, tra falchi e colombe finiane, dopo gli stracci dell'altro giorno. Gianfranco Fini ha riunito Menia, Moffa, Viespoli, Bocchino, Briguglio, Granata, Della Vedova e Urso. Alcuni riferiscono di un «clima teso», del solito «dibattito franco». Soprattutto tra Menia e Bocchino. Si parla del sostegno al governo ma anche del futuro e libero partito, che non tutti vorrebbero disegnato sul modello di Generazione Italia, la creatura lanciata da Bocchino e Briguglio.
Nel chiarimento, i moderati ripetono la sostanza del documento di lunedì scorso: «Pensiamo ai problemi del paese, alle imprese che producono, la gente non capisce queste dinamiche di Palazzo, tipo le richieste di vertici di maggioranza». Ed è per questo che, le colombe, accolgono quasi con un grido di gioia l'annuncio del premier di mettere la fiducia al suo discorso di oggi, accantonando l'ipotesi di risoluzione parlamentare. Fino a quel momento la situazione era apertissima: voto contrario, astensione o, come spiega Granata, «un nostro documento di appoggio al governo, con i contenuti che a quel punto decideremo di mettere noi». La notizia della fiducia arriva che il pranzo è finito e i finiani sciolti, con la promessa di aggiornarsi a oggi. In teoria è ancora così. La decisione ufficiale ancora non c'è. Tant'è che i falchi irriducibili agitano ancora dubbi sul voto di stasera alla Camera. Briguglio usa un linguaggio calcistico: «Uno, ics, due». Una tripla per la terza gamba da riconoscere. A notificare alla stampa l'incertezza teorica è il capogruppo Bocchino: «Il ricorso alla fiducia per noi è positivo, rende il passaggio parlamentare più chiaro come lo stesso Fini aveva chiesto. Il nostro voto sarà deciso dall'assemblea di gruppo, dopo aver ascoltato l'intervento del premier ed è evidente che dipenderà da toni e contenuti delle sue parole».
In alcuni colloqui privati, le colombe si spingono oltre: «E una svolta positiva perché abbatte la soglia dei 316, con la fiducia invece c'è chiarezza e il riconoscimento dei vari gruppi». Ossia della terza gamba. Perché oggi, in aula, si alzerà un esponente di Fli e farà la dichiarazione di voto. Chi sarà? Le colombe hanno spinto sino all'ultimo per affidare questo ruolo a Silvano Moffa, coordinatore dei gruppi parlamentare, o al portavoce Benedetto Della Vedova, ex radicale, che "inaugurò" la stagione di Fli a Montecitorio con il discorso sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. Alla fine però l'ha spuntata il capogruppo Bocchino: sarà lui a parlare. L'unica crepa che potrebbe aprirsi di nuovo è sul processo breve, se inserito da Berlusconi nel punto sulla giustizia. Lì la discussione potrebbe ricominciare daccapo nella riunione finale che terranno i finiani di Fli prima del voto. In merito anche le colombe hanno delle perplessità. Adesso è tutto nelle mani del Cavaliere, per il momento.
In ogni caso, un «segnale politico» di riavvicinamento tra centrodestra e Fli è avvenuto ieri pomeriggio alla Camera sul decreto per la Tirrenia. I finiani Di Biagio e Cosimi Proietti, in commissione, avevano presentato degli emendamenti su cui poteva convergere l'opposizione, mandando sotto la maggioranza su un provvedimento di spessore. A ribaltare il pronostico è stata una trattativa tra il relatore Marcello de Angelis, ex An, e i due finiani. Emendamenti ritirati e maggioranza salva. Nel frattempo, fioccano le voci su contatti tra Fini, i finiani e gli ex An. Matteoli fa lo gnorri: «Non so se ci siano stati».
In serata, i falchi si ridestano sul sito di Generazione Italia con i dati di un sondaggio di Luigi Crespi e rilanciano la tesi dell'aggressione berlusconiana a Fini: «Futuro e Libertà in lieve calo, ma non scende sotto la soglia del 7 per cento, dimostrando stabilità, forza e sostanza in un momento non facile per Gianfranco Fini e per la neonata forza politica che ancora - ricordiamolo - non si è strutturata in un partito. Perdere solo lo 0,5 in questo momento tanto delicato, con un'aggressione mediatica e politica senza precedenti è davvero un miracolo che ci regala grande fiducia in vista delle sfide future». Il sondaggio rivela anche la maggioranza degli italiani considera il presidente della Camera «vittima di una campagna diffamatoria»: «Sono il 57,4 per cento. Campagna che non giova al premier, che perde due punti, scendendo a quota 43 e nemmeno al governo, a quota 44. La novità è che per la prima volta l'Esecutivo ha un gradimento superiore rispetto al del Consiglio».

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